Risaie e rane un binomio antico: ancora attuale nella Riserva San Massimo

Risaie e rane un binomio antico: ancora attuale nella Riserva San Massimo

Ho conosciuto Dino Massignani, il direttore della Riserva San Massimo, ad un evento di cucina e presentazioni ad Abbiategrasso, presso l’ex convento dell’Annunciata, quello “affidato in gestione” a Cracco già in periodo Expo, e che ora continua ad organizzare splendidi eventi culinari.

Ho subito approfittato dell’invito a visitare direttamente la Riserva per poter capire al meglio di cosa si tratta e di come viene coltivato, prodotto e confezionato il riso

In effetti una volta che si arriva in quell’oasi di Groppello Cairoli, nel Pavese, tutto si pensa fuorchè essere in una produzione industriale o con tracce di “industrialità”!

Dino mi accoglie come un ranger, con la sua tenuta da lavoro, una divisa verdone in tinta completa con la natura che lo circonda, e con un jeeppone di quelli che appunto mi ricordano le uscite nei parchi nazionali americani!

Mi spiega che questi mezzi, oltre ad essere ovviamente i suoi mezzi di lavoro per spostarsi in questa enorme oasi, sono anche quelli usati per le visite guidate con scolaresche o gruppi interessati.

Mentre viaggiamo come teletrasportati in un mondo parallelo, fatto di boschi, natura, rane, cerbiatti che attraversano la strada, fagiani che si fermano curiosi, Dino mi racconta la storia di questo posto, con una passione tale da far trasparire tutto il suo amore per questo lavoro, per il riso e per le cose fatte bene!

Parliamo di risaie, di mondine (la sua mamma lo era!), di produzioni naturali e sedicenti tali!

Mi  spiega la differenza tra le risaie completamente naturali (“anche se completamente bio è impossibile!”) e le coltivazioni che non usano diserbanti in fase iniziale (quando avvengono i controlli) e poi li utilizzano nella fase successiva (quando, ORRORE! il riso li assorbe completamente).

Mi accorgo subito di cosa distingue questa persona da un “imprenditore del riso”: ama il suo lavoro, ma in un modo quasi ossessivo.

Osserva le risaie innamorato, come se guardasse una bella donna; parla dei cerbiatti e delle rane con una dolcezza degna di una dichiarazione d’amore; tocca le piantine di riso che stanno sbucando dal terreno con una dolcezza degna delle più dolci carezze!

Mi fa sorridere! Mi ricorda un po’ l’amore che notavo in  mio nonno paterno per le sue vigne e per i suoi alberi da frutto, e la cosa mi piace, soprattutto perché questo amore per il terreno, per le cose naturali, quando è puro e sincero, è davvero celestiale!

Torno con i piedi per terra, attratta dal rumore che proviene da un piccolo stagno: rane, rane come se piovessero;  si accalcano una all’altra, saltano e poi si immergono, riemergono e spariscono.

Io mi devo convincere che siamo in un’azienda produttrice di riso, ripeto: mi sembra l’oasi incantata a mille chilometri dal primo centro abitato, e invece Pavia è a pochissimi chilometri da qui!

Risaliamo in macchina e continuiamo il giro nella natura, Dino continua a parlare senza interruzione di tutto, della natura, della produzione, degli animali presenti.

Scrivo a fatica a causa dei sentieri dissestati (siamo nei boschi!) ma memorizzo quasi tutto con orecchie, occhi e naso, e anche adesso che sto trascrivendo mettendo insieme i ricordi e gli appunti (e quello che riesco a decifrare dai geroglifici che ho creato!), i primi la fanno da padrone riaffiorando con suoni e colori, immagini e profumi!

Dino continua nelle sue spiegazioni, mai annoiato, ma quasi stupito come se anche lui vedesse queste cose per la prima volta!

La riserva è un vero e proprio paradiso della biodiversità, e dati alla mano è l’azienda con il più alto tasso di biodiversità in regione Lombardia. Copre un territorio di 600 ettari, di cui solo un terzo (203 ettari per la precisione!) è produttivo e suddiviso in una sere di piccoli appezzamenti, alternati a zone lasciate completamente come Madre Natura le ha create, con boschi, stagni e alberi da frutto e popolate di cigni, daini, fagiani, coccinelle, api, e rane, tante rane, quelle che un tempo si trovavano nelle risaie perché lì era il loro habitat naturale!”

E tutta questa energia impiegata nella salvaguardia dell’ambiente, torna in termini di qualità ed eccellenza del prodotto.

Non vengono usati diserbanti, ma solo la forza delle braccia (la manodopera impiegata è tre volte quella che di norma serve in un’azienda produttrice di riso).

Il riso viene seguito per tutta la lavorazione, dalla coltivazione al confezionamento.

I campi vengono irrigati con l’acqua purissima delle sorgenti della riserva (che si trova su una fascia di fontanili con caratteristiche tipiche della regione Lombardia).

La biodiversità presente in questa zona è talmente incredibile da rappresentare tema di studio delle università, che hanno scoperto più di 700 specie viventi in risaia, tanto che la riserva è considerata una zona SIC ZPS ossia “Sito di Interesse Comunitario Zona a Protezione Speciale”.

Parlando di tutto questo arriviamo nella zona dell’essicazione, che orgogliosamente Dino spiega essere a gas:

Sempre nell’ottica di avere un prodotto di qualità superiore sono stati investiti 400 mila euro per acquistare un essiccatore a gas invece che a gasolio come di norma avviene. Essendo a scambiatore termico evita ai fumi di arrivare sul chicco di riso, e non essendo a gasolio evita che i metalli pesanti e le paraffine presenti in esso penetrino all’interno del chicco”.

A questo punto avviene lo stoccaggio, effettuato in silos arieggiati, senza alcun tipo di trattamento di conservazione (di norma nelle produzioni si spruzzano insetticidi sui chicchi), e il confezionamento con l’azoto e non con il “classico” sottovuoto, per garantire la conservazione totale delle proprietà organolettiche del riso.

Arriviamo alla fine del tour guidato, ho gli occhi e la testa pieni di immagini spettacolari.

Ci fermiamo nel piccolo magazzino della riserva, dove posso vedere tutti i prodotti effettivamente realizzati qui all’interno:

* 4 qualità di riso : Indica, Rosa Marchetti; Vialone Nano e Carnaroli “Vero” (Dino mi sottolinea questa specifica, spiegandomi che “Carnaroli” è solamente una denominazione di vendita, ma non assicura che si tratti di vero Carnaroli, come avviene per le varietà Carnise e Carnak, che possono essere anch’esse vendute con denominazione di vendita “Carnaroli”… ahhhh, le leggi italiane!)

*con mio enorme piacere scopro anche una produzione di miele (chiamatemi Winnie the Pooh!).

Giunti alla fine del giro, le ultime chiacchiere sono sul marketing, sulle vendite, sul successo di questa azienda, ovviamente legato quasi totalmente alla genuinità del prodotto.

Dino mi racconta di tutta la parte esportata (circa il 40% della produzione totale) e di come la bontà e la genuinità del prodotto abbiano portato questo riso ad essere scelto da alcuni dei più grandi chef italiani, tra cui Cracco, Cavanacciuolo e Bottura …e dici poco 😉

Mi elenca anche alcuni ristoranti e trattorie di classe dove poter degustare il loro riso, e intanto mi regala alcune confezioni per provare a cucinarlo direttamente, sottolineando che il “tempo di cottura non è di certo quello dei 10 minuti del riso da supermercato!

Me ne vado dopo un caffè e qualche  chiacchiera, soddisfatta, arricchita e ripulita nello spirito e nei polmoni.

Grazie Dino Massignani per questo tour da favola, corro a cucinare un ottimo risotto, poi andrò ad assaggiare quelli di Cracco, Bottura e Cavanacciuolo per testare se ti rendono giustizia! 😉