Menù dell'ultima cena

Conoscete il menù dell’ultima cena? Dettagli e aneddoti. PARTE 1′

Conoscete il menù dell’ultima cena? Dettagli e aneddoti.

Spezzò il pane, porse il vino.

Per il più straordinario dei misteri, Gesù ha scelto la più umana delle azioni: il mangiare. E la più universale delle relazioni: il mangiare insieme.  In una Cena che è davvero l’ultima, dove il Maestro ha radunato i suoi discepoli per l’estremo saluto.

Con una certa fedeltà, gli artisti di tutte le epoche partono dalle pagine evangeliche per illustrare l’episodio dell’Ultima Cena, innumerevoli volte replicato perché fulcro della fede cristiana, nell’istituzione dell’Eucaristia. E comunque senza rinunciare a un tocco “personale”, a un riferimento concreto, territoriale, caratteristico del tempo in cui lavorano, Così che nel “menù” della Cena del Signore, si ritrovano alcuni alimenti costanti, accanto a nuove cibarie, di volta in volta diverse, con ingredienti inattesi, per  lo più dalla significativa valenza simbolica.

E così, da Leonardo a Veronese, dal Pontormo a Tintoretto, fino a Salvador Dalì e a Andy Warhol, l’Ultima Cena è stato uno dei soggetti prediletti dall’arte occidentale.

Ma per chi come me è poco esperta di arte e molto interessata al cibo, la domanda, anzi le curiosità, nascono spontanee:  che cosa mangiò veramente Gesù, e che cosa gli hanno fatto mangiare i pittori di tutti i tempi?

E come si mangiava, che cosa si beveva, come si stava a tavola ai tempi di Gesù?

Carne o pesce? Vino o acqua?

E’ da tempo che faccio ricerche, leggo, mi informo, anche con l’occasione di eventi che ho organizzato legati appunto all’ultima cena in vesta “degustazione”.

Tra le mille letture e ricerche, ho trovato risposta alle mie curiosità, e anche a mille altre che non avevo, in molti scritti, documenti e in un testo veramente ben fatto, intitolato “La Tavola di Dio” di Lauretta Colonnelli.

Qui inizio a raccontarvele e nel frattempo continuo a ricercare!

Cosa mangiò Gesù nell’ultima cena?

Il menù era quello tipico della Pasqua ebraica (il Peseach), quello che quindi gli ebrei mangiano anche oggi: erbe amare, pane azzimo, charoset, agnello arrostito, vino.  Per quanto riguarda le Erbe amare, si trattava di lattuga, usata come antipasto anche nei banchetti romani, oppure di germogli di cicoria selvatica o di sedano. Tutto rigorosamente crudo, si intingeva un boccone non più grande di un’oliva, in ricordo degli egizi che avevano amareggiato la vita degli ebrei. “Colui che ha intinto con me la mano nel piatto, quello mi tradirà” (Matteo).

Il Charoset era una salsa, o meglio ancora un impasto di frutta. Nell’impasto entravano mela, melagrana, fico, dattero, mandorla, noce. Cosparse di cannella e cinnamomo, a simboleggiare la paglia che si mischiava al fango, in ricordo del fango con cui gli schiavi ebrei in Egitto costruivano i mattoni.  Secondo alcune scuole di pensiero, il charoset ricordava non tanto il fango ma il sangue versato dagli ebrei, ed era perciò innaffiato di vino rosso. Altri, al posto del charoset, usavano l’aceto o l’acqua salata.

Come ci si comportava a tavola? Esisteva un “galateo all’epoca”?

 L’Antico Testamento (Siracide) prescrive come si sta a tavola.Non allungare la mano sui cibi che un altro desidera, non urtarti con il tuo vicino: se vi servite allo stesso piatto, dai tuoi desideri puoi immaginare quelli degli altri, quindi cerca di riflettere prima di ogni tuo gesto. Sii educato, mangia quel che ti presentano, se non vuoi essere disprezzato non fare rumore quando mastichi, per educazione sii il primo a smettere di mangiare e non fare l’ingordo per non suscitare disgusto. Se sei in compagnia di molti non essere il primo a servirti. Se ti hanno costretto a mangiare troppo alzati, corri a vomitare e ti sentirai meglio“.

Le posate non esistevano. Si prendevano i bocconi dal piatto comune con le tre dita della mano destra, pollice, indice e medio. Facevano così anche i romani, che si proteggevano la punta delle dita con ditali d’argento se le pietanze erano troppo calde.

Per lavarsi le mani, intorno ai triclini dei Romani circolavano degli schiavi con anfore  e bacili pieni di acqua fresca e profumata e con salviette per asciugarsi.

Per quanto riguarda l’Ultima Cena , una famosa restauratrice ha ritrovato sulla mensa di Leonardo dei lavadita in peltro lucente, i cui bordi riflettono i colori delle vesti dei commensali.

E’ vero che ci si lavava prima di mangiare?

Si andava a tavola dopo aver fatto il bagno, i romani dopo essere stati alle terme. E si lavavano i piedi dopo l’antipasto e prima del pasto vero e proprio. Era così per i romani, è così anche per l’Ultima Cena, come racconta il Vangelo di Giovanni. Si lavavano i piedi dopo l’antipasto perché l’antipasto si consumava nell’atrio: poi si cambiava stanza e ci si sdraiava nel triclinio (mangiavano sdraiati anche Gesù e gli apostoli, le tavole e le sedie di tante ultime cene arriveranno a partire dal medioevo) e quindi i piedi andavano lavati prima, per non imbrattare coperte e cuscini con fango e altro.

Che vino si beveva?

Il vino dell’Ultima Cena non era puro. Ed era rosso. Offrire vino puro, allora, era considerato un’offesa. Gli ebrei usavano due parti d’acqua e una di vino, i romani e i greci tre parti d’acqua e due di vino.

In una cantina di Tel Kabri, città cananea del 1600 a. C. nel nord di Israele, nel 2013 gli archeologi hanno trovato quaranta anfore di vino. Analizzando i residui secchi, hanno scoperto che al vino venivano aggiunti miele, ginepro, mirto, cannella, olio di cedro e resine varie.  Più nefaste le correzioni apportate al vino malriuscito, al quale si aggiungeva calce, gesso, resina, marmo polverizzato, conchiglie, pece, acqua di mare, erbe aromatiche, a volte anche la trementina (aiuto!!!)

La letteratura legata all’antica Palestina registra almeno 60 tipi di vino esistenti, classificati per età, colore, gusto e rubricati nelle categorie bianco; rosso; chiaretto; vino nuovo; vino vecchio; dolce; amaro profumato di assenzio; acido; cotto; affumicato; vino nero e scuro; vino con miele e spezie; vino con mirra.

Che tipo di pane è presente sulla tavola dell’ultima cena?

Si tratta del pane azzimo,  il pane non lievitato, in ricordo degli ebrei in fuga dall’Egitto che non avevano il tempo per preparare il pane normale. L’impasto dell’azzimo deve riposare diciotto minuti: uno in più e comincia a lievitare catturando le spore dei lieviti selvatici nell’aria.

Nelle varie ultime cene dipinte, Gesù e gli apostoli mangiano pani di tutti i tipi, ovviamente lievitati, anche dolci. Ad esempio in un’Ultima Cena affrescata nel 1541 nella chiesa di San Leonardo a Tesero, in Val di Fiemme, compare il bretzel, che dovendo lievitare per almeno due giorni era considerato un pane della festa.

Qui termina la prima carrellata di curiosità, ce ne sono poi altre relative ai piatti di carne o pesce (si mangiava agnello o anguilla?); alle diverse cene dipinte (chi ha dipinto la pagnotta più grande?…); alle forme del tavolo; a chi ha cucinato e preparato la cena….

Ne parleremo nel seguito di questo articolo, restate collegati a Storie di Cibo!

..TO BE CONTINUED.