Gastrofisica: scienza di piatti tondi, posate pesanti, patatine fruscianti…

“Le patatine sono più buone se il sacchetto che le contiene è più frusciante”.

Non è la scoperta del secolo, ma è quella insignita dell’Ig Nobel, il titolo che si conferisce alle ricerche più bizzarre.

L’artefice è il “bizzarro” studioso Charles Spence, docente di psicologia sperimentale ad Oxford, autore di Gastrophysics, una nuova scienza il cui assunto di base è che il cibo non si gusta solo tramite la bocca ma attraverso tutti e cinque i sensi. E basta qualche manipolazione per aumentare o diminuire la percezione di bontà di cibo e bevande.

Un esempio tra tutti? Il peso delle posate e alle forme arrotondate dei tavoli e dei vassoi? Non sono frutto del caso, ma dettagli studiati appositamente per farci ordinare di più e quindi spendere. Trucchetti che ormai usano tanti locali e supermercati, e per i quali gli inconsci consumatori possono incolpare il professore inglese!

In realtà non si tratta di “imbrogli”, semplicemente di studi che seguono e assecondano il comportamento razionale e irrazionale nell’acquisto, nella scelta, nella degustazione.

Viviamo nell’epoca in cui condividiamo le foto di quanto mangiamo o cuciniamo, e la sola immagine, unita magari a una sapiente didascalia, è in grado di suscitare commenti netti , del tipo “Buono”, “Delizioso!”….ma dalla foto chi l’ha potuto assaggiare??!

È chiaro, empiricamente, che questa percezione ha luogo nel cervello di chi osserva, instaurando un rapporto a distanza con il piatto.

Ma cosa accade quando invece scriviamo una recensione di un ristorante? Cosa ricordiamo del cibo che abbiamo mangiato?

Molto spesso la nostra percezione si costruisce sull’antipasto (cosa su cui si focalizzano molti ristoratori, perché è la prima impressione) e sulla sensazione finale (il dolce o la coccola di “piccola pasticceria”).

E allora: perché in aereo ordiniamo succo di pomodoro? Perché il piatto è rotondo? Perché gli chef giocano con i colori?

La risposta a queste e molte altre domande è scientifica: lo scrive Charles Spence appunto nel suo”Gastrophysics: the new science of eating”, frutto di 20 anni di esperimenti con il cibo e i cinque sensi.

Il tatto ad esempio è importantissimo. Se le posate con cui ceniamo sono belle pesanti siamo convinti che il cibo sia di qualità. Così spiega Spence:

“Nel mio esperimento le persone che mangiavano con forchette e coltelli di un certo peso erano pronte a pagare per il medesimo piatto molto più denaro rispetto a quelle che avevano cenato con stoviglie più leggere. Il peso, sia nel packaging che nei piatti e decorazioni da tavola, viene percepito come sinonimo di sostanza, quindi di qualità».

Ma contano anche odori, suoni, emozioni.

E prima di deliziare il palato, il cibo deve deliziare la vista. E così i piatti sono generalmente rotondi , e spesso anche i tavoli. Il motivo?

“Nel nostro subconscio associamo gli oggetti spigolosi al pericolo, forse perché ricordano le armi. Mentre le forme circolari sono collegate a qualcosa di piacevole e dolce”.

Gli chef giocano molto sui colori. Per far percepire ai commensali un sapore fino al 10% più dolce basta colorare artificialmente il cibo o la bevanda di rosa-rosso.

E anche le aspettative contano. Sottolinea il professore inglese:

“Persino i più esperti sommelier sono caduti in errore quando hanno dovuto assaggiare un vino rosso, appositamente camuffato da bianco, e viceversa”.

Assicura Spence:

“Provate a tapparvi il naso e ad assaggiare un pezzetto di cibo, senza sapere cosa sia. Non avrete idea di cosa state mangiando. Gli aromi sono importanti perché permettono al nostro cervello di formare un’aspettativa del sapore e di quanto quel sapore ci piacerà”.

È per questo che nella cucina molecolare si usano spesso i profumi e gli aromi per accompagnare un piatto, ma anche per creare un’atmosfera nella stanza. Come se questi trucchetti non bastassero, anche le nostre emozioni diventano uno strumento di marketing.

“Se litighi con il tuo partner e poi vai a magiare nel ristorante migliore del mondo il cibo non ti colpirà particolarmente”.

L’umore e le emozioni contano moltissimo. Alcuni locali mettono sui tavoli carte con barzellette, per ben disporli. Altri usano internet, Facebook, per esempio, per scoprire qualcosa dei commensali e poi cercano di personalizzare il menu o di offrire qualcosa che ricordi l’infanzia, ovvero che venga associato a ricordi felici. Tutti amiamo qualcosa di personalizzato, che sembra fatto appositamente per noi.

E i ristoranti stellati sperimentano il cosiddetto “sonic seasoning”, il condimento sonoro. La musica classica è meglio del pop, perché offre una percezione di sofisticatezza e una migliore predisposizione a spendere. E una melodia abbinata al cibo che si sta consumando ne potenzia il gusto. Come scrive nel suo studio:

“Pensate alle lasagne accompagnate da un’aria di Verdi o al salmone scozzese con i Proclaimers!”.

Tutta questa “magia” non è altro che Fisica applicata alla gastronomia, è una vera e propria scienza che studia appunto il rapporto tra il cibo ed i nostri sensi.

Ed ora la vera grande notizia:

il professor Charles Spence, terrà a Milano la Masterclass “Gastrofisica: la nuova scienza dell’alimentazione”, il giorno 8 novembre, grazie all’organizzazione del Master dell’Università Iulm in Food Design, gestito dal Professor Antonello Fusetti, presidente della Scuola Politecnica di Design:

“Se la percezione del cibo avviene nella mente e non solo nella bocca la strategia per aumentare l’apprezzamento di un prodotto alimentare cambia sia che si tratti di uno snack di una grande multinazionale, sia che si tratti di un piatto di un ristorante e sia che si tratti di un locale dove il cibo viene distribuito o consumato.”

I biglietti per questa lezione possono essere acquistati (€180,00 per professionisti e aziende; € 100,00 per studenti) su Eventbrite a questo link:
https://www.eventbrite.com/e/biglietti-masterclass-con-charles-spence-gastrophysics-the-new-science-of-eating-50641221256

Ci vediamo a lezione, ma ora godiamoci cibo e atmosfera come abbiamo sempre fatto, senza iniziare a voler scoprire “i trucchetti degli chef”…

…ci sono già un sacco di “esperti critici culinari” improvvisati in giro, vediamo di non fare gli esperti di gastrofisica dopo aver letto un libro…se Spence ci ha messo 20 anni di studi, riconosciamogli il giusto valore 😉

E riconosciamolo anche al Professor Fusetti, che ha ideato un Master ricco di iniziative innovative e all’avanguardia per quanto riguarda il Food Design.

Grazie Prof! Storie di cibo presente!