Una quattro mani tra due giovani chef della bergamasca: Davide Suardi e Angelo Bonfitto.
Al Relais San Vigilio un incontro di cucine in fermento, giovani e dinamiche, fondate sul territorio.
Nonostante le differenti traiettorie professionali e la diversa geografia di provenienza – colline bergamasche per uno, Puglia e sponde del lago per l’altro – i due chef Suardi e Bonfitto condividono valori profondi. Entrambi mettono al centro la cultura del territorio e la qualità delle materie prime, ed entrambi amano sperimentare tecniche nuove (dalle fermentazioni alle cotture innovative) per estrarre il meglio dai sapori locali. Una cena a quattro mani all’interno del progetto Cene in Fermento, al Relais San Vigilio, per mettere in luce i sapori del territorio e la bellezza della collaborazione.
Il dialogo culinario instaurato tra Suardi e Bonfitto in questa occasione ha fatto emergere sia le affinità – l’attenzione al dettaglio, la sensibilità nel bilanciare tradizione e innovazione – sia le differenze complementari tra le loro cucine. Suardi ha portato in dote la solida conoscenza della gastronomia orobica e delle sue eccellenze agricole; Bonfitto ha aggiunto l’estro maturato in giro per l’Italia e la freschezza dei sapori vegetali che al di la di quelli lacustri sono al centro della sua ricerca.
Il risultato è stato un connubio unico, in cui ogni portata ha celebrato l’incontro tra ingredienti locali, tecniche ricercate e la doppia firma degli chef. E così il menu del 28 marzo è stato un viaggio gourmet dal lago alla montagna.
Il menu, concepito in armonia dai due chef, ha preso il via con un benvenuto di torta salata di casa, besciamella all’interno, porro e zucca. Deliziosa, da mangiare con le mani come un finger di aperitivo. e ad accompagnare un brodo nella piccola scodella, piacioso, caldo, di aiuto a preparare l’appetito, se proprio ce ne fosse bisogno (!!!): nello specifico un brodo di cavolfiore arrostito con vaniglia e anice.
Subito dopo, l’Insalata di Lago ha aperto ufficialmente il convivio, portando in tavola i profumi e i sapori dell’acqua dolce.Un antipasto raffinato che valorizzava il pescato del Lago d’Iseo e le erbette spontanee della zona, combinati in un’insalata tanto semplice nell’idea quanto elegante nell’esecuzione.
Il piatto, che omaggiava la tradizione lacustre in chiave moderna, è stato accompagnato da un calice di Valdobbiadene Prosecco Casa Coste Piane, bollicina artigianale dal sorso fresco e lievemente aromatico.
Si è proseguito con un primo piatto che esalta tutta la capacità culinaria di Bonfitto, equilibrato, bene eseguito, con un gioco di sapori che si alternano al palato senza annoiare. Un carnaroli alle erbe amare, mantecato alla perfezione, con alloro profumato arricchito da contrappunti agrodolci della cicoria in saor e dalla sapidità delle olive verdi in salamoia. Un piatto in cui è racchiusa la memoria delle ricette contadine – le erbe spontanee amare raccolte nei prati, le conserve in salamoia – elevata però da tecnica e creatività contemporanee.
Un tocco originale e quasi piacevolmente spiazzante dato dalla cicoria in saor, ispirata alla tradizione veneta del “saor”, marinatura agrodolce tipica per il pesce e qui adattata al vegetale di cui si diceva Bonfitto è appassionato. Le olive verdi in salamoia regalano il giusto finale al piatto, tra acidità e sapidità, e la croccantezza lieve dei pezzetti di oliva. Un Signor risotto!
L’abbinamento enologico scelto per questo primo piatto era all’altezza della sua complessità: il “Rukh” BIO della cantina bergamasca Nove Lune, un vino bianco macerato (orange wine) prodotto da varietà resistenti, dal caratteristico colore ambrato e dai profumi intensi. Apprezzatissimo! La struttura e le note ossidative del Rukh, con sentori di agrumi canditi e terra umida, hanno creato un contrappunto armonioso al risotto, esaltandone sia l’amaro delle erbe sia la dolcezza nascosta della cicoria marinata

Si è ttrattato del momento clou della serata: le Costolette di pecora Gigante Bergamasca, servite in condivisione al centro del tavolo, quasi a ricordare l’atmosfera genuina di un pranzo in famiglia.
La pecora Gigante Bergamasca è una razza ovina autoctona dalle grandi dimensioni, un tempo diffusa nelle valli orobiche e oggi riscoperta come eccellenza locale per le sue carni saporite.
Gli chef l’hanno interpretata con rispetto e creatività: le costolette, cotte lentamente per risultare tenere e succulente, accompagnate da verdure e nappate con una salsa Duxelles ai funghi secchi, salsa che ricorda un fondo bruno, ma è assolutamnete vegetale, ricavata da un trito fine di funghi porcini essiccati lavorati secondo la ricetta francese arricchita da Marsala. Un concentrato di profumi boschivi in una crema intensa, che ha dato ulteriore spinta ad una carne già di per sè regale, un burro in consistenza con grande profondità di sapore. Non da meno i contorni.
Il risultato è stato un secondo robusto e insieme raffinato, in cui la rusticità della carne ovina ha avuto una spinta nobile da dettagli gourmet!
Non meno curato il calice in abbinamento: per celebrare degnamente questo tributo alla terra bergamasca, è stato scelto un rosso di spirito e di buona struttura, il Rosso Forte Biancopecora 2021, con un bel bouquet floreale, corretto nel’abbinamento anche nel nome evocativo “biancopecora”!
Si tratta infatti di un vino insolito, prodotto in una microcantina artigianale (Casale Biancopecora) con uve rare. Nel bicchiere ha offerto tannini vellutati e note fruttate mature, sostenendo la succulenza della carne di pecora e sposandosi alle note umami della salsa ai funghi. Anche in questo caso territorio e creatività si sono incontrati: la scelta di una carne tradizionale come la pecora gigante, presentata però in una veste così contemporanea, è un omaggio sentito ai prodotti e ai produttori locali, un manifesto di come la cucina bergamasca possa evolvere restando fedele a sé stessa.
A concludere il percorso, il dessert ha riservato agli ospiti un finale dolce all’insegna dell’equilibrio tra le due cucine origini degli chef, la bergamansca e la pugliese. Ed ecco quindi un gelato di polenta, ottimo, incredibilmente fresco e saporito, e una cartellata tipica dele terre di Bonfitto.
Oltre il piatto: il valore di una cucina in fermento
Serate come questa dimostrano quanto sia viva e dinamica la scena gastronomica bergamasca contemporanea. Cene in Fermento non è solo un ciclo di cene, ma un laboratorio di idee e di sapori in cui la cucina locale si rinnova, mantenendo però un forte legame identitario con i luoghi e le tradizioni. Attraverso l’incontro di chef diversi, la collaborazione con produttori del territorio e l’uso di prodotti autoctoni (anche inconsueti come la pecora gigante), questi eventi riescono a valorizzare il territorio in modo concreto: ogni piatto diventa ambasciatore di Bergamo, dei suoi laghi, delle sue valli e colline, raccontati con linguaggi culinari moderni.
Quindi al di là della cena, abbiamo assistito ad un racconto, dai produttori di carne a quelli del vino, con una sala giovane e dinamica che ha supportato egregiamente la cucina di Suardi e Bonfitto (e lo fa regolarmente nei due rispettivi ristoranti, La Cucina del Relais San Vigilio e il Risorante Zù).
Iniziative simili vengono organizzate qui anche coinvolgendo cantine e studiando un menu sulla centralità dei calici. Si tratta di serate che aiutano a creare consapevolezza sulle eccellenze locali e a costruire un ponte tra la tradizione e le nuove tendenze della cucina.
Quindi nell’atmosfera quasi magica e furoi dal tempo del Relais San Vigilio, con la città di Bergamo illuminata ai piedi della collina, la serata della Cena in fermento con Suardi e Bonfitto ha lasciato ai partecipanti la sensazione di aver fatto parte di “un viaggio gastronomico unico, un percorso che parte dal territorio e si traduce in piatti autentici e sorprendenti”.
In fondo, è proprio questo l’intento dichiarato dei padroni di casa: far sentire ogni ospite parte di qualcosa di speciale, di una storia collettiva che prende vita a tavola. E per quanto ci riguarda Cene in Fermento centra in pieno questo obiettivo, dimostrandosi uno strumento potente di valorizzazione territoriale e insieme un evento conviviale piacevole e stimolante. Un esempio virtuoso di come la gastronomia possa farsi ambasciatrice del territorio.
Applausi a tutti, organizzatori e personale coinvolto.
Anche a i produttori, abbiamo scoperto eccellenze che non conoscevamo!
Guarda QUI il reel delle FoodBloders di questa cena a quattro mani.
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