Chiusura alle 18: la reazione e il pensiero di chef e ristoratori

Forte protesta e disappunto di chef e ristoratori al nuovo Dpcm e soprattutto (giustamente!) alla chiusura dei locali alle 18.

Qui la testimonianza e il pensiero di alcuni chef nostri amici che ci hanno voluto esprimere la loro idea.

Sono insorti tutti, chef stellati, cuochi gourmet, rappresenti di categoria, ristoratori, proprietari di trattorie…

Tutti contro le misure previste dal nuovo Dpcm, che impongono le chiusure dei locali alle 18. Tutti concordi nel seguire le regole, ma concordi anche sul fatto che questa penalizzazione sia ingiusta.

In coro un gruppo di chef stellati si è mosso per “protestare” evidenziando che:

“Ci penalizzano per negligenze altrui, i ristoratori che hanno rispettato le regole avrebbero il diritto di lavorare”

come sottolinea Max Mascia, chef del ristorante San Domenico di Imola due stelle Michelin dal 1977 e presidente della Nazionale Italiana Chef. Massimo Bottura ha scritto una lettera al premier Conte (ne abbiamo parlato qui), e tanti chef si sono mossi in gruppo o autonomamente per protestare. Ne abbiamo ascoltati alcuni, e di tanti altri ci stanno arrivando le dichiarazioni, che con grande stima e sostegno nei loro confronti continueremo a riportare qui, aggiornando di volta in volta l’elenco.

Ecco il pensiero (in ordine di risposte, non di gradi e stelle!):

  1. Marco Sacco, chef Il Piccolo Lago** a Mergozzo
  2. Vincenzo Donatiello, maitre Piazza Duomo*** ad Alba
  3. Gabriele Boffa, chef Relais Sant’Uffizio * a Penango (AT)
  4. Philippe Léveillé, chef Miramonti L’Altro** a Concesio (BS)
  5. Nadia Vicenzi, chef Da Nadia* a Erbusco (BS)
  6. Alessandro e Fabio, chef Il Luogo Aimo e Nadia** a Milano
  7. Vitantonio Lombardo, chef Ristorante Vitantonio Lombardo* a Matera
  8. Luca Natalini, chef Al Pont de Ferr a Milano
  9. Sara Preceruti, chef Acquada a Milano
  10. Giacomo Devoto, chef Locanda De Banchieri, Fosdinovo (MS)
  11. Alessandro Breda, chef Gellius* a Oderzo (TV)
  12. Lorenzo Cantoni, chef Relais Al Canalicchio (PG)
  13. Gianmario Portesani, chef Cascina Cattafame a Ospitaletto (BS)
  14. Alberto Bertani, chef QBduepuntozero a Salò (BS)
  15. Carlo Andrea, chef Milano37 a Gorgonzola (MI)
  16. Danilo Massa, chef La Locanda del santo Bevitore a Novi Ligure (AL)
  17. Marcello Trentini, chef Magorabin* a Torino
  18. Umberto De Martino, Ristorante Umberto De Martino* a San Paolo d’Argon (BG)
  19. Ciccio Sultano, chef  Duomo Ristorante** a Ragusa Ibla
  20. Paolo scaccabarozzi, chef Arya- Hotel Cavalieri a Milano
  21. Giuseppe Lippo, La Mangiatoia a Rotondella (MT)
  22. Achille Esposito, chef Classico Trattoria a Milano
  23. Pietro Leemann, chef Joia Alta Cucian Vegetariana* a Milano
  24. Felice Lo Basso, chef Felix Lo Basso Home&Restaurant* a Milano
  25. Ugo Vairo, chef Il Gallo della Checca a Ranzo (IM)
  26. Bernard Fournier, chef Ristorante Da Candida a Campine d’Italia
  27. Riccardo Escalante, chef Flora ristorante a Busto Arsizio (VA)
  28. Daniele Scaglia, Direttore Relais Réva-Ristorante FRE* a Monforte (CN)

 

1. Marco Sacco, chef Il Piccolo Lago** a Mergozzo

“La cosa peggiore che si poteva fare era proprio questa! Un governo che ti chiude le strade, lascia le insegne aperte e non si prende la responsabilità di tuti quanti noi.

Come se noi quest’estate non avessimo rispettato le regole…i nostri locali sono i più sicuri, controllati, e una cosa così è da vigliacchi! E’ una vergogna, e se non cambia subito si perde totalmente la fiducia (quella poca che era rimasta) su chi ci deve governare!”

2. Vincenzo Donatiello, maitre Piazza Duomo*** ad Alba

“Noi ci stiamo rimboccando le maniche e continuiamo a lavorare, ma chi chiediamo secondo quale studio si stabilisce a pranzo si e a cena no?

La ristorazione vuole numeri, se esiste uno studio che dimostra che il contagio cresce a causa della gente che frequenta i ristoranti, vogliamo vederlo!

Ecco questo è il nostro pensioìero, dal Piazza duomo, a due tste e quattro mani (con lo chef Enrico Crippa, ndr)”

3. Gabriele Boffa, chef Relais Sant’Uffizio * a Penango (AT)

“La difficoltà di questo periodo non è il sacrificio, a quello siamo abituati dal nostro lavoro.  Sicuramente l’incertezza del futuro ci deve far ragionare e maturare su scelte importanti e concrete.  Bisogna continuare a credere in noi stessi e comunicare il più possibile per evitare di perderci , dare informazioni il più preciso possibile.

In questo momento i più grandi e forti faranno come sempre la differenza, attraendo come esempio e strada da seguire”.

4. Philippe Léveillé, chef Miramonti L’Altro** a Concesio (BS)

“Lo stato ci ha dato indicazioni su cose da modificare, investimenti da fare, e noi lo abbiamo fatto.  Poi ci indicano di chiudere un po’ prima, e lo facciamo e i clienti si comportano benissimo, e questo ci ha anche dato coraggio.  Poi arriva ancora una nuova indicazione: ci lasciano lavorare a mezzogiorno (quando non viene nessuno) ma ci chiudono la sera. E allora mi arrabbio!

Nessuno ha valutato che in una superficie in cui potrei fare 55 coperti ben distanziati, io ne faccio solo 35 per far stare ancora meglio e ancora più tranquille le persone. E come me lo fanno molti colleghi.

Poi prendo la metropolitana a Milano e vedo il delirio: gente senza mascherina, vagoni pieni, mani ovunque su stesse porte, e taxi vuoti perchè non sono considerati sicuri.

E sono allora amareggiato, deluso del mio Stato italiano di adozione. Io da chef continuo a lavorare e ad eseguire le regole che mi danno, ma quando sarà il momento di pagare le tasse facciamo due conti ‘Caro Stato’.

Ho 25 ragazzi, alcuni con un mutuo, altri con bimbo in attesa….cosa posso raccontare ai miei ragazzi?

E allora troviamo una soluzione ai trasporti, ai veri assembramenti in metropolitana….noi non facciamo movida, abbiamo anche allargato il parcheggio per non far incrociare la gente.

Io continuo a lavorare per esaltare il Made in Italy, non andrò in piazza a sbraitare e spaccare le vetrine, un vero chef sa come comportarsi e sa analizzare la situazione, e io continuo a farlo…non faccio parte di quel gruppo. Si può manifestare senza violenza.

Comunque non aprirò a pranzo se non nel fine settimana (venerdi, sabato e domenica). La cosa bella è che la gente non ci ha abbandonati, siamo rimasti in contatto con i nostri clienti, chiacchierando con loro che dimostrano affetto, vero affetto… il veicolo cibo in questo è incredibile!”

5. Nadia Vicenzi, chef Da Nadia* a Erbusco (BS)

“Dopo anni di sacrifici, di passione, impegno, mai avrei pensato che la mia attività potesse essere messa in ginocchio dallo Stato.

Il mondo della ristorazione si è sicuramente spaccato in questi mesi fra coloro che hanno rispettato tutte le rigorosissime regole previste dai Dpcm, e quelli che hanno fatto di testa loro. Anche questa volta l’Italia si è dimostrato un Paese senza cura e spirito meritocratico nei confronti di chi si è impegnato a osservare ogni disposizione. Ho investito, pagato in sanificazioni, dispositivi di protezione individuale, mutilato il numero di coperti, comprato tablet e realizzato menu monouso per garantire in ogni servizio la totale sicurezza dei miei clienti.

Sarebbe bastato occuparsi dei trasgressori, punirli, e invece, ancora una volta, vengono tutti indistintamente buttati nel calderone e costretti a colare a picco. Io non ho mai chiesto aiuti, ma solo di poter lavorare perché mi sono completamente attenuta ai protocolli. Non riaprirò finché non ci saranno le condizioni economiche per farlo. È un disastro perché con me, vanno in difficoltà tutti i miei collaboratori, i fornitori, gli artigiani che ruotano attorno alla mia attività.

Così però è solo uno stillicidio, siamo condannati a una lenta agonia.

Per una con la mia esperienza è davvero uno schiaffo morale venire uccisa dai colpi di uno Stato pressapochista, passivo e inerte davanti ai trasgressori. Francamente, sono senza parole, ho solo un immenso senso di sconfitta nel cuore”.

6. Alessandro Negrini e Fabio Pisani, chef Il Luogo di Aimo e Nadia** a Milano

“Siamo consapevoli che la situazione che stiamo vivendo sia davvero difficile da affrontare, le nuove misure restrittive adottate nel prossimo DPCM rischiano però di mettere in ginocchio l’intero settore della ristorazione. Le conseguenze si faranno sentire a cascata anche su tutta la filiera dei piccoli produttori di materie prime che sono la linfa del nostro settore.

Oggi siamo davvero preoccupati, non solo per l’impatto economico a cui andiamo incontro, ma soprattutto perché con questi nuovi provvedimenti è la cultura gastronomica italiana – vanto del nostro Paese riconosciuta in tutto il mondo – a rischiare di scomparire”.

7. Vitantonio Lombardo, chef Ristorante Vitantonio Lombardo* a Matera

Riprendiamo alcune battute da un video commovente e profondo che lo chef ci ha inviato, in cui si rivolge ai politici.

“Con il nostro ristorante abbiamo realizzato dei sogni da quando siamo qui a Matera, ed ora ci troviamo punto a capo. Abbiamo adottato tutto quello che ci è stato richiesto, dalle mascherine alla sanificazione. Ma voi politici cosa avete fatto? Avete aumentato i tamponi in questo periodo di raffreddori…e ci rimettiamo noi, io, il mio staff e tutti coloro che fanno del proprio lavoro la propria vita e passione.

Il fondo…cosa ce ne facciamo del fondo? Noi l’affitto lo paghiamo per intero…e i postumi? Sì, riapriremo, ma ora? Anche le scorte le dovremo buttare, noi a  pranzo non lavoriamo, lavoriamo solo la sera. Che colpa ne abbiamo noi?

Ma voi, cosa avete fatto quest’inverno? Due rotelle sotto i banchi e poi? Ma finitela!

La soluzione non è stare a casa dopo le 18.00… Questa volta è ancora peggio della prima volta, non tutti avranno la forza di reagire…

Coscienza, solo coscienza…”

8. Luca Natalini, chef Al Pont de Ferr a Milano

“La situazione della ristorazione è al collasso. Prima di tutto dovrebbero dare degli aiuti economici a tutto il settore dell’hospitality. Sarebbe opportuno bloccare tutte le tasse per aiutare realmente le aziende.

Da eterno romantico voglio pensare comunque ad un futuro della ristorazione. Bisogna dare il meglio in qualsiasi situazione. Chissà, magari creatività e l’ingegno che ci contraddistinguono ci potranno aiutare a venire fuori da questa situazione.

Da ex imprenditore e attuale Chef di un ristorante sono consapevole dei danni enormi che stiamo subendo. Un dispiacere immenso.

Se non verremo aiutati in modo concreto, molti ristoranti non riusciranno ad andare avanti o non apriranno nemmeno”.

9. Sara Preceruti, chef Acquada a Milano

“Mi sento particolarmente colpita in questo momento dai provvedimenti presi nei confronti del settore della ristorazione perché quasi tutta la mia avventura milanese ha coinciso con la pandemia, quindi mi sono abituata in fretta a lottare contro chiusure, riduzioni di orario e di lavoro, gestione dei dipendenti e problemi di ogni tipo.

Spero con tutto il cuore che le ragioni dei ristoratori responsabili prevarranno, perché la nostra attenzione nel rispetto delle norme e nel preservare la salute dei clienti è massima, anche perché allo stesso tempo preserviamo a nostra.

Vogliamo poter lavorare anche la sera, con le restrizioni del caso, ma lavorare per non soccombere e contribuire a mantenere in vita uno dei settori più importanti per l’Italia e la città di Milano.

In questa fase, comunque, non bisogna lasciarsi prendere dallo sconforto: io mi sto attrezzando con un servizio di consegna a domicilio e di asporto su misura per il mio ristorante e i miei clienti, oltre a mettere le sale di Acquada a disposizione di chi desidera riservarle in esclusiva, senza costi o limiti di sorta. Lo faccio per comunicare ai clienti un senso di vicinanza, flessibilità e sicurezza, perché oltre a protestare uniti come categoria, dobbiamo anche impegnarci per difendere e alimentare il rapporto con chi nonostante tutto continua a darci fiducia”.

10. Giacomo Devoto, chef Locanda De Banchieri, Fosdinovo (MS)

“Tecnicamente lo scenario si ripete e le precauzioni prese non sono state sufficienti a coprire i danni precedenti .

 Credo che la chiusura per la cena sia corretta a fronte di tutelare la sicurezza di tutti noi , ma deve essere sostenuta immediatamente dal Governo  in base anche al numero di dipendenti assunti  e investimenti fatti negli ultimi due anni .  Solo lauti rimborsi dovevano essere elargiti , in anticipo, perciò infattibile a livello economico la chiusura alle 18 per ciò che sì e visto sino ad oggi.

Eppure è stato fatto, e senza preavviso!

Con tutte le conseguenze anche legate a derrate alimentari e preparazioni…”

11. Alessandro Breda, chef Gellius* a Oderzo (TV)

“Queste sono situazioni davvero particolari per non dire uniche! Noi che abbiamo scelto questo mestiere siamo sempre pronti a tutto, imprevisti, cambi di scena, ostacoli e mille altre cose. Diciamo che questo lockdown è davvero arrivato a sorpresa, una meteorite che ti cade in testa, in un momento in cui tutto sembrava tutto proiettato verso un gran ottimismo con una bellissima risposta da tutti i clienti.

Il mio motto è “Show must go on”, ma adesso mi chiedo: A che prezzo però?

Purtroppo queste decisioni mi fanno pensare che il nostro governo non abbia la lucidità nell’affrontare la situazione!

Stanno facendo tentativi senza capire esattamente i danni a cui ci sottopongono.

Per un’attivita come la mia con più di 15 dipendenti questo ‘scherzo’ comporterà dei gran sacrifici per tutti e una perdita di fiducia totale nei confronti del paese.

Un vero peccato. Non ci meritiamo questo”.

12. Lorenzo Cantoni, chef Relais Al Canalicchio (PG)

“Sono sette mesi che il governo ci tartassa dicendo che ad ottobre avremmo avuto la seconda ondata, più forte della prima!  La gran parte di ristoratori e baristi, si sono adeguati, spendendo soldi su soldi, a volte che nemmeno avevano. Qualcuno addirittura è andato in banca per tener su la “baracca”. Abbiamo fatto del nostro meglio, ci siamo sentiti forti, uniti, dalla mole di lavoro abbiamo assunto, abbiamo creato delle squadre per non far lavorare tutti insieme. Per evitare il famoso assembramento.

La nostra missione, perché solo così si può chiamare è far vivere un’esperienza, raccontare vino, raccontare filosofie, creare momenti indimenticabili.

Ora dopo il #decretobarzelletta, tutto questo ci sta sfuggendo, vediamo i nostri sacrifici andare in fumo.

Ci dicono “Potete fare il delivery “… se lo faremo, lo faremo solo per “raccimolare” quei 4 spicci che servono per pagare le tasse, non per portare avanti la nostra missione!

Il nostro intento è ben altro! Chiudere alle 18 è come dirci, io ti faccio stare aperto, poi se non ce la fai sono C… tuoi!

Tenere aperto a pranzo?Certo,  con l’aumento dello Smart working  chi viene a pranzo durante la settimana?! Di solito i lavoratori!

Mi dispiace caro Presidente… questa volta hai sbagliato!”

13. Gianmario Portesani, chef Cascina Cattafame a Ospitaletto (BS)

“La salute è, ovviamente, la cosa che deve sormontare ogni altro argomento.

Ma il paradosso di veder chiudere un intero comparto senza minimamente calcolare gli sforzi fatti, lascia rabbia e frustrazione. Bastava forse centrare il problema sulla movida e non sui ristoranti a tout court.

Credo sia improbabile un contagio in certi ristoranti, mentre lo vedo piu concreto in certi supermercati alle dieci del mattino. Diciamo che la disuguaglianza dei due pesi e delle due misure usate per limitare i contagi sono davvero disarmanti. Se avessero messo un coprifuoco generale su tutto, sarebbe stato duro ma piu comprensibile. Quindi nn vado in piazza ad alzare i toni, ma sono arrabbiato perchè si poteva e si può protestare civilmente”.

14. Alberto Bertani, chef QBduepuntozero a Salò (BS)

Rispondono insieme Alberto Bertani lo chef con la compagna Irene Agliardi, maitre e sommelier.

“Siamo arrabbiati, dopo aver passato tutta l’estate a sanificare, con la mascherina e a misurare la temperatura a tutti attenendoci scrupolosamente a quanto scritto nei vari Dpcm, ora ci troviamo chiusi la sera, il servizio dove l’incasso è il 70% circa del nostro fatturato.

Non sappiamo cosa faremo, se restare aperti perchè le spese da sostenere sono altissime e nessuno parla di congelare tasse bollette e affitti, senza pensare a cosa dire ai nostri dipendenti, che hanno visto la cassa integrazione del primo lockdown dopo mesi e mesi e ridotta del 50% rispetto al loro stipendio.

Vorremmo riuscire a farcela ma sembra che abbiano voluto colpire una categoria dove assembramenti non ne abbiamo visti. Fate sentire la nostra voce voi che potete, la nostra disperazione e soprattutto l’ingiustizia subita. Siamo vicini a tutte le persone contagiate, ai malati, ma siamo certi che non sia sicuramente dipeso dalle riaperture dei ristoranti”.

15. Carlo Andrea, chef Milano37 a Gorogonzola (MI)

“Sto provando un mix di rabbia, sconforto e frustrazione che non mi fa essere lucido al 100%. So io quello che ho dentro, le lacrime che non riesco a tirar fuori , forse per orgoglio. So io i sacrifici, le rinunce e il tempo tantotempo che ho dedicato a questa vita. So io quanta fatica ho fatto per raggiungere quello che ho raggiunto in questi anni e quanta ancora ne dovrò fare per coronare un mio sogno ….

Ma sono qua! Sono un testardo di merda, sono uno che quando prende un impegno lo mantiene, quando prometto una cosa la faccio, non mi piace lasciare le cose per strada . Per questo anche questa volta cercherò di non mollare per me , la mia famiglia e tutti i ragazzi che lavorano con me! Le difficoltà aumentano via via che ci s’avvicina alla meta. Seminare non è così difficile come raccogliere”.

16. Danilo Massa, chef La Locanda del Santo Bevitore a Novi Ligure (AL)

“Non capisco perché la nostra categoria venga trattata quasi da criminali, da untori, quando forse siamo gli unici che si sono attenuti ai protocolli di sicurezza. Chiaramente nel mezzo c’è anche chi, tra i ristoratori, ha fatto di testa propria, senza far rispettare distanze, utilizzo di mascherine, ma non si può e non si deve generalizzare.

Noi ragazzi, giovani cuochi abbiamo voglia di continuare a fare quello che per molti di noi è molto più che un lavoro: È un sogno, è una passione! Ma con questi nuovi decreti sembra vogliano farci smettere di sognare.

Ma questo non succederà mai! La cucina e la ristorazione per tanti di noi sono il nostro tutto, il nostro mondo!”

17. Marcello Trentini, chef Magorabin* a Torino

“Purtroppo alle condizioni attuali non possiamo più offrire un servizio ai nostri ospiti. Il solo pranzo non ci permette di essere sostenibili mantenendo i nostri standard. Quindi il Magorabin nella sua configurazione deve per forza chiudere in attesa di tempi migliori.

Ma noi siamo cuochi e camerieri…siamo ristoratori.

Gente abituata a lavorare tra lame affilate e fuochi ardenti, persone che devono svoltare alla velocità di una curva in formula uno.  Il nostro è un caos ordinato, un inferno glaciale, l’anarchia con regole più rigide di quelle dei marines.

Quindi non ci perdiamo d’animo e ci muoviamo per far quello che sappiamo far meglio, cucinare, servire, ospitare e soprattutto risolvere problemi.  In attesa che la situazione globale ce lo permetta e si possa tornare alla tanto agognata normalità, noi abbiamo pensato a una serie di soluzioni per continuare a coccolare i nostri amati ospiti.

* La prima è l’apertura in versione diurna di Casamago, la nostra cocktail Lounge che per questo periodo vestirà un abito più da bistrot.

* Dal giovedì alla domenica offriremo un servizio 11-18 con colazioni tardive, pranzi e merende sinoire, con cucina aperta no-stop, bottega dove poter acquistare le nostre paste fresche fatte a mano, il nostro pane a lievito madre e tutti i piatti anche in take-away e delivery fino alle 21.

* Alla proposta cocktail abbiamo affiancato anche una grande carta dei vini da consumare da noi o da usare come enoteca da asporto.

* I nostri panini gourmet e i dolci delle nostre pastry con un caffè o una tisana, oltre a succhi fatti in casa e i soft drink completano l’offerta.

Un passo indietro per farne 1000 avanti. Nel rispetto delle regole che ci hanno chiesto. Sempre con amore per il gusto e la filosofia dell’accoglienza”.

18. Umberto De MArtino, Ristorante Umberto De Martino* a San Paolo d’Argon (BG)

“Io penso sinceramente che sarebbe stato molto più corretto che ogni sindaco avesse richiesto alla riapertura di maggio la planimetria dei ristoranti, in base a quello stabilire il numero giusto di tavoli e lasciar lavorare tutti. Poi a campione mandare controlli e imporre chiusura per qualche mese a chi non rispettava le limitazioni.

Non mi sembra giusto che un locale come il mio che tra un tavolo e l’altro ha quasi tre metri di distanza venga messo alla gogna come tanti che hanno fatto i furbi buttando dentro a più non posso perché volevano recuperare, mettendo in Merda tutto un comparto.

Questo per il discorso ristorante, mentre per il discorso mezzi pubblici: al posto di comprare monopattini riempiendo le città di cose inutili e pericolose e di sperperare una montagna di soldi, avrebbero potuto dare questi soldi  a tutte queste compagnie che organizzano viaggi e che hanno autobus fermi da marzo, quei fondi li davano a loro, creando lavoro e garantendo più sevizi pubblici senza far intasare metro e bus pubblici, che sono poi i veri luoghi dove c’è il virus perchè ha terreno fertile.

Non in un ristorante che si attiene alle misure per garantire sicurezza”

19. Ciccio Sultano, chef Duomo Ristorante** a Ragusa

dalla dichiarazione sui social:

“Alle 18, di solito, apriamo per le pulizie  Sono senza parole, di fronte alla prospettiva che dovremo chiudere alle sei del pomeriggio. Tanta vale aprire solo per il pranzo o non aprire proprio. È inaccettabile che, invece, di assumerci tutti una fetta di responsabilità, si decida per la legge del taglione.

Posso dire che, dal momento della riapertura a oggi, il mio Ristorante ha fatto rispettare le regole, ha rappresentato una sorta di presidio medico. Nel mare magnum della ristorazione, le situazioni e i comportamenti non sono sempre gli stessi. Fare di tutta l’erba un fascio, di solito, denota un fondo di paura o di incomprensione della realtà.

Ci pieghiamo ma non ci spezziamo.

Il cibo è cultura, è divertimento, è rispetto”.

20. Paolo Scaccabarozzi, chef Arya- Hotel Cavalieri a Milano

“La ristorazione è stata colpita al cuore. Con il giusto distanziamento, regole e attenzione, con un numero prestabilito di ospiti  dovrebber lasciarci riaprire e continuare a lavorare.

Mi sento però incredulo, affranto e impaurito, per il futuro che ci aspetta”.

21. Giuseppe Lippo, La Mangiatoia a Rotondella (MT)

“Questa volta non ci sto a fare da capro espiatorio, a rientrare tra le “attività sacrificabili”, perché non è mia la colpa se la situazione vi è sfuggita di mano. Non sono stato io a diffondere il virus. Nel mio locale e in quelli di tutti i colleghi che conosco, non è mai scoppiato un focolaio.

Ci avete fatto stare chiusi per due mesi. Poi ci avete fatto riaprire parzialmente, tra mille difficoltà e imponendoci protocolli necessari ma costosi.

Si, perché molti non sanno che abbiamo dovuto non solo sanificare i locali, comprare igienizzanti, cartelli, guanti e mascherine, ovviamente tutte a norma e certificate per evitare multe, ma abbiamo dovuto anche aggiornare il piano haccp e il piano di sicurezza per i lavoratori con l’inserimento del rischio Covid-19. Tutte cose che nessuno ti regala ma che, anzi, ti vengono fatte strapagare perché non puoi farne a meno.

Ci avevate promesso che in seguito avremmo recuperato l’investimento fatto con un credito di imposta al 60% che poi, alla prova dei fatti, si è ridotto al 9%. E va bene.

Ci avete fatto ridurre la capienza dei locali e ci avete fatto tenere l’elenco dei clienti.

Ci avete fatto lavorare con le mascherine a 40° e oltre delle cucine d’estate.

Tutto questo mentre voi, invece di attrezzarvi con tamponi, terapie intensive e nuovi posti letto negli ospedali, spendevate miliardi a cacchio, comprando banchi scolastici con le rotelle, mascherine inutili fatte produrre alla fca, regalando bonus per i monopattini (così la gente, se non muore col Covid, ha buone possibilità di scivolare sotto una macchina), strapagando fior fior di consulenti ecc…

Continuate a negare che ci siano grandi rischi di contagio sulle metropolitane e sugli autobus stracolmi.

Avete detto e continuate ad affermare che gli immigrati clandestini che fuggono dalla quarantena non sono un pericolo.

Ora però ve la prendete con noi, spingendo molti al tracollo, al fallimento di attività create e tenute in vita con passione e anche con un pizzico di sana pazzia.

Non avete nemmeno il coraggio di chiuderci totalmente perché siete codardi, vigliacchi e ipocriti.

Ci dite che possiamo stare aperti, si, ma fino alle sei del pomeriggio e non di domenica. E allora stiamo aperti a fare? Salvo poche, rare eccezioni, chi va a mangiare al ristorante o in pizzeria a pranzo o, peggio ancora, alle 16 o 17 di un giorno feriale?

No, stavolta non ci sto.

Non penso ad azioni eclatanti, non penso alla violenza perché noi siamo persone miti che sanno solo lavorare, d’estate, di domenica, a Natale, e che non saprebbero nemmeno usarla la forza e la violenza.

Però mi prendo solo la licenza, il gusto, il vezzo, di mandarvi a quel paese…”

22.  Achille Esposito, chef Classico Trattoria a Milano

“Vista la crescita esponeziale dei contagi di questi giorni, mi aspettavo purtroppo una decisione del genere da parte del Governo. Sono molto dispiaciuto, ma non mi abbatto e per questo, insieme alla proprietà di Classico Trattoria Contemporanea, ho deciso di incrementare la nostra offerta con il servizio della domenica a pranzo. Non faremo delivery perché ne risentirebbe la qualità dei menu e si perderebbero la convivialitá e l’atmosfera che si trovano al ristorante.

Mi unisco alle parole dei grandi chef come Bottura, poiché credo servano pochi e concreti aiuti in questo momento. Credo che tutti insieme, con spirito di collettivitá e un altro sforzo, riusciremo a superare anche questa!”.

23.  Pietro Leemann, chef Joia Alta Cucian Vegetariana* a Milano

“Come ristoratore mi sento frustrato per le regole che abbiamo rispettato e per la considerazione che c’è dei ristoranti come causa del problema, come se fossimo la causa di una recrudescenza dl Covid-19.

Mentre poi nei mezzi pubblici le distanze non sono rispettate per nulla, quindi noi riflettiamo e facciamo, e altri non lo fanno

Il fatto poi di tagliare teatri e cultura mi sembra una eliminazione dei valori dell’umanesimo, le persone arrivano ad avere una vita senza senso.

Io stesso seguo le indicazioni, rispetto le regole, ma la frustrazione arriva dal vedere che non c’è chiarezza nememno in queste.

Sembrano siano tutti passi fatti a tentoni, cosa non logica per chi dirige un paese. ci vorrebbero passi decisi, decisioni lucide, dati precisi. Questo è quello che le persone si aspettano per poi fare ance sacrifici nel rispettare privazioni e regole ferre, ma tutto questo ad oggi non c’è. E continua a derivarne frustarzione.”

24. Felix Lo Basso, chef Felix Lo Basso Home&Restaurant* a Milano

“In Italia non siamo in grado di gestire questo virus e dunque ritengo che fino al vaccino la situazione sarà molto critica. Non c’è organizzazione, la comunicazione non è chiara e crea grande allarmismo fra la gente, senza riuscire a dare un’informazione univoca.

Non condivido questa richiesta della chiusura serale per i ristoranti.  Abbiamo una tipologia di ristorazione in grado di gestire in sicurezza gli ospiti, così come possiamo gestirli a pranzo!

Vedo Alto Adige e Sardegna che hanno reagito e in questo modo aiutano gli imprenditori locali e la nostra categoria.

E’ un momento durissimo, cerchiamo di trovare ancora la forza dentro di noi. Io ho deciso comunque di aprire, nonostante il mio sia un format prettamente serale, non so come andrà ma non concepiamo di stare a casa!

Vogliamo che ci riaprano il servizio serale e ci consentano di lavorare!”

25. Ugo Vairo, chef Il Gallo della Checca a Ranzo (IM)

“Il mio pensiero è sempre ‘Chi combatte rischia di perdere..chi non combatte ha già perso’.

Non lo nascondo, sono deluso ed incazzato! Ma in questo momento bisogna restare lucidi. In questo momento non ha nessun senso come ristoratori restare aperti né tantomeno ostinarsi a pretendere le aperture delle attività.

Il nostro mestiere si basa nel vendere momenti felici. La serenità ha lasciato spazio alla preoccupazione. Ora è il momento di fare un ulteriore sacrificio, nella speranza che tutto passi il prima possibile. Lo stesso sacrificio lo devono fare tutti i lavoratori e i rappresentanti dello stato.

Il poi? Come sempre giriamoci le maniche. Il piangersi addosso non fa parte del nostro essere”.

26. Bernard Fournier, chef Ristorante Da Candida a Campine d’Italia

“Quando c’è la catastrofe, e parlo da ristoratore sia francese che italiano, occorre inventarsi qualcosa. E cogliere le occasioni per fare attività variegate. Noi abbiamo una splendida terrazza vista lago, che ora dobbiamo e possiamo usare solo a pranzo. Per il resto delivery e d’accordo con l’hotel dalle ore 12 alle ore 18 faremo MAison de Foie Gras e di Champagne.

Sei o sette tavoli per mangiare ostriche e Foie Gras, accompagnato da Champagne.

Ritengo e sono convinto che quando c’è guerra occorre andare all’attacco, e per noi ristoratori “attaccare” significa continuare  afare il nostro lavoro magari con form e e modalità differenti, ma non arrendersi, anche se a volte è difficile, soprattutto in un paese come l’Italia dove la cassa integrazione è stata data (se è stata data!) tre mesi dopo…e qualcuno ancora la deve ricevere…”

27. Riccardo Escalante, chef Flora ristorante a Busto Arsizio (VA)

“Se la situazione è davvero così drammatica il decreto e le sue misure sono troppo morbide, purtroppo queste misure a mio giudizio incideranno poco sulla curva epidemiologica, chiunque può capire quali siano i punti di assembramento più pericolosi (trasporti pubblici, grande distribuzione senza ingressi contingentati).

Per quanto riguarda la lettera di Bottura, credo che sia un personaggio troppo pieno di sè, sicuramente rappresenta parte della ristorazione italiana, ma il settore è molto più vasto e variegato. Anche perchè vorrei capire se non paghiamo le tasse come verranno pagati gli stipendi dei lavoratori statali, tra cui gli infermieri… ognuno dovrebbe fare il suo mestiere, a meno che non sia diventato anche lui un economista!”