Philippe Léveillé e Alessando Mecca: la bellezza dell’imperferzione!

Mancano poche settimane, ormai si contano i giorni, alla finale europea del Bocuse d’Or che quest’anno si terrà a Torino a metà giugno, e nella città sabauda c’è fermento con gli eventi del BocuseOFF, il cartellone di iniziative che animano la città, portando cucina, arte e cultura.

Un esempio di questi eventi, che ha coniugato alla perfezione cucina e aspetto artistico, è stata la cena a quattro mani di giovedi 24 maggio a Torino,  preceduta dall’inaugurazione della mostra di Alessi su “Il design stellato. Alessi dal 1921, il design, i cuochi e la cucina” con una lectio di Alberto Alessi, presidente  della storica azienda piemontese che produce oggetti da cucina dai primi anni del Novecento.

Paul Bocuse e Gualtiero Marchesi, i due grandi maestri della cucina francese e italiana, sono stati i protagonisti della cena a 4 mani ospitata da Spazio7, il ristorante all’interno della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo. A loro  è stata  ispirata la serata con un menù che è stato un rimando ai piatti dei due chef:

  • spaghetti freddi e il dolce 3 gusti per un dolce Piemonte, come omaggio a Marchesi, realizzati da Alessandro Mecca , lo chef “di casa”, che da tre anni guida il ristorante Spazio 7 all’interno della fondazione;
  • il Paint in Black e la coda di rospo alla Royal, come omaggio a Paul Bocuse, realizzati da Philippe Léveillé, chef due stelle Michelin del Miramonti l’Altro.

Ha aperto la serata l’inaugurazione della mostra “Il design stellato” l’esposizione tra creatività ed enogastronomia organizzata da Alessi, con un percorso espositivo sul design in cucina, raccontato attraverso le creazioni nate dalla collaborazione tra Alessi e alcuni grandi esponenti della cucina europea, quali Chapel e Marchesi, Thuilier e Gagnaire, i Troisgros e Hermé, Savoy e Ducasse.

Per questa occasione  Alberto Alessi, nipote di Giovanni Alessi che avviò l’attività di famiglia partendo per prima cosa dalla creazione di uno strumento a spalla usato per cospargere le vigne di rame e zolfo, ha raccontato  la sua esperienza tra design, cucina e cuochi, ed è stata l’occasione anche per fare due chiacchiere con lui  su questo  non semplicissimo connubio.   Abbiamo scoperto, o almeno ricordato che:

  • nonostante l’azienda ci provi da tempo, è davvero difficile coniugare in cucina bellezza estetica e funzionalità
  • forse solo una volta l’azienda ci è riuscita, con la Cintura di Orione, nel 1986, il loro prodotto che meglio rappresenta il rapporto tra design e cucina. Che poi è la batteria di pentole che userà Martino Ruggieri alle finali europee del Bocuse d’Or.
  • la cucina in fondo, al di là di ogni strumentazione, è basata sulle abilità del cuoco! I grandi chef  sanno raggiungere i propri obiettivi con qualsiasi tipo di pentola, mentre è chi si intende  poco di cotture che ha bisogno invece di essere accompagnato passo dopo passo.

Al termine dell’inaugurazione di questa mostra, che resterà aperta al pubblico negli spazi della fondazione fino a sabato 26 giugno, ha preso il via la cena, con i saluti iniziali di Luciano Tona, Direttore dell’Accademia Bocuse d’Or, il cui presidente è il tristellato Enrico Crippa.

Luciano Tona ha esordito ringraziando Palato Italiano, l’azienda che ha come scopo la diffusione dell’eccellenza italiana nel mondo e che  collabora con Bocuse D’Or, e parlando di cultura del cibo:

“Portare la cultura è un atto fondamentale, e l’Accademia del Bocuse d’Or ha proprio questo scopo di promuovere la grande cucina, l’alta gastronomia, la grande identità italiana  attraverso  atti culturali, e non solo attraverso l’arte stessa di fare cibo, e l’atto culturale più bello è quello del maestro di sala, di chi sa accogliere, ospitare, e sempre di più l’ospitalità è dedicata alla cucina”.

E su questo tema ha presentato i due grandi attori dell’ospitalità della serata: Philippe Léveillé, due stelle Michelin, del ristorante Miramonti l’Altro di Concesio,  e Alessandro Mecca, da tre anni chef dello Spazio 7 all’interno della Fondazione:

“I due chef di questa sera hanno aderito all’idea di rendere omaggio ai due grandi maestri della cucina mondiale che si sono spenti a distanza di quaranta giorni uno dall’altro lo scorso inverno.

Bocuse era un cuoco-cuoco ed è stato cuoco fino alla fine dei suoi giorni. Metteva il cibo innanzitutto come motore di rappresentazione del suo atto culturale, ma lo vedeva esclusivamente come cibo. Firmava i salumi, firmava i polli, firmava il cibo.

Marchesi era un cuoco-chef-artista, ha avuto sempre uno spessore culturale diverso, una visione più artistica del cibo, una cucina come forma d’arte, tanto che non firmava il cibo, firmava le piastrelle e firmava i piatti, dando un suo design.

Questo spiega anche la diversità dei quattro piatti preparati per questa cena: una diversità che deriva dalla differente interpretazione del concetto di materia dei due maestri, e di conseguenza dei due chef che li hanno voluti interpretare.   Da una parte la materia alla francese fatta da Philippe Leveille come omaggio a Bocuse e dall’altra la rappresentazione moderna ed estremamente rigida e limpida di Alessandro Mecca sui piatti marchesiani”.

Sono proprio i due chef a raccontare la loro esperienza, uscendo in sala e parlando direttamente al pubblico.

Alessandro Mecca racconta:

“Questa serata per me, oltre ad essere un omaggio dovuto ad un grande maestro quale Marchesi, è stata una enorme gratificazione personale. Ho ricevuto un messaggio in settimana da Philippe Léveillé che mi ringraziava di questa opportunità, e che si mostrava molto felice di questa cena realizzata insieme. Lui ringraziava me! Io sono semplicemente onorato di questa esperienza”

Philippe Leveille, in una incredibile umiltà, mostra la sua felicità per la sua prima esperienza di cucina a Torino:

“Sono molto contento, e in questa serata ricordo con piacere le occasioni in cui ho incontrato Marchesi e Bocuse. E di entrambi ricordo l’immensa umiltà: Marchesi tutte le volte che la domenica sera veniva a mangiare da me con la sua signora, passava sempre in cucina a salutare e a ringraziare. Per quanto riguarda Bocuse, la volta in cui ho pranzato da lui mi ha chiesto se andava tutto bene e alla mia risposta ‘Certo che va tutto bene’ lui ha commentato ‘Certo non lo è mai, perché anche Paul Bocuse può sbagliare’! Ecco, per me la lezione di umiltà mista a professionalità è la più grande che potessi ricevere da due personaggi come loro”.

A fine cena interviene nuovamente Luciano Tona a chiudere in bellezza:

“Questa cena ha espresso tantissimo, senza fronzoli architettonici ma con una grande verità nel piatto, perché ritengo che i due chef abbiano saputo interpretare perfettamente gli insegnamenti dei due maestri”.

E saluta tutti con l’augurio di una grande performance alle finali del Bocuse d’Or.

Il dopo cena è stata l’occasione per noi di incontrare in tutta tranquillità, nella pace dei giardini esterni dello Spazio 7, i due chef, chiacchierare con loro, cogliere la timidezza pulita e genuina di Alessandro Mecca e l’estrema semplicità e bellezza di Philippe, accompagnato da due giovani della sua brigata, che lo vedono e trattano come un amico, un padre, un fratello.

A tutti e due abbiamo chiesto un commento sull’esperienza di questa cena a quattro mani, e abbiamo chiesto anche di evidenziare un aspetto positivo e un consiglio da  dare al collega di cucina.

Queste le parole di Philippe Léveillé:

“Spesso la difficoltà di lavorare a quattro mani è data dalla non conoscenza, mentre con Alessandro ho avuto subito l’impressione di averlo già conosciuto, di aver già lavorato con lui, c’è stato da subito feeling. Con il suo staff è stato tutto semplice dall’inizio, mi hanno messo a mio agio, è stato bello, in questo Spazio così funzionale e così immerso nella pace che non sembra di essere in città!

Alessandro ha come punto di forza una grande energia, un grande entusiasmo, e questo si riflette in una grande capacità in cucina.

Se dovessi dargli un consiglio da  amico, gli direi di essere un po’ più comunicativo con i clienti. Ci sono passato anche io, ma crescendo ho capito che scambiare due parole con i clienti, uscire in sala a chiacchierare con loro, a stringere la mano e a salutare, fa piacere, alcuni vengono a cena anche per incontrarti. Spesso la timidezza o il non capire che il cliente ha piacere di vederti ti fa passare dall’altra parte, ti fa considerare uno indifferente o uno con “la puzza sotto il naso”, e non voglio che questo avvenga per Alessandro!”

Queste le parole di Alessandro Mecca:

“Ho avuto in passato esperienze di lavoro con chef importanti, l’incontro con Philippe mi ha impressionato positivamente per la sua umanità e umiltà, per il suo spirito elegante e puro. Io non ho sicuramente consigli da dare a Philippe e nemmeno note critiche da segnalare, la sua “bellezza” mi ha regalato molto. Una bellezza  data dal fatto di essere un cuoco due stelle Michelin e rimanere umile, un padre di famiglia, un leader del suo gruppo. In sostanza la bellezza di rimanere imperfetti!”.

E sulla bellezza dell’imperfezione, un brindisi con i cocktail del barman di Spazio 7, Elton Zeqiraj, un vero genio della mixology a base di Vermouth e di Gin!

Io torno a casa soddisfatta, e arricchita, non solo di una nuova cultura di piatti, ma anche di una cultura di umanità: l’umiltà di alcune persone è davvero proporzionale alla loro grandezza, cultura e importanza.

Gli insegnamenti di Marchesi e Bocuse hanno creato di sicuro degli allievi modello!

E vedere questo stile nelle stelle della ristorazione è bello, quasi commovente, perchè ti rendi conto di quanto la brillantezza arrivi da dentro e non dalle luci del palcoscenico!

Grazie Philippe! Grazie Alessandro!

  Qui un video ricordo della serata: https://www.youtube.com/watch?v=qLqr1_7xK2Q