Ponte in Valtellina si visita col podcast

Ponte in Valtellina, un borgo da scoprire con racconti diffusi

Un progetto di un podcast che accompagna in una visita “guidata” al paese.

Ponte in Valtellina è un piccolo gioiello nascosto tra le montagne della Valtellina. Situato a 500 metri di quota, il borgo si sviluppa su due versanti, quello retico e quello orobico, uniti da una sottile striscia di fondovalle.

Facce diverse dello stesso paese, caratterizzato da storia, architettura e anche una svilppata parte eno-gastronomica.

Da qui l’idea di non perdersi nulla, di non farlo perdere nemmeno al turista che arriva in paese e vuole immergersi a pieno alla scoperta di questo angolo di Valtellina.

Ne nasce un insieme di 20 podcast, registrato da una storica esperta, che racconta le varie bellezze di Ponte, le date storiche, le evidenze architttoniche e anche le chicch enogastronomiche:

  1. Ponte in Valtellina. Due versanti, due mondi
  2. Il tracciato stradale medievale
  3. Fontane e lavatoi
  4. Piazza Bernardino Luini
  5. Il monumento all’astronomo Giuseppe Piazzi
  6. La chiesa di San Maurizio
  7. La lunetta di Bernardino Luini, “Raffaello di Lombardia”
  8. L’ancona lignea di Giacomo Del Maino
  9. Il quartiere Guicciardi
  10. I piatti della tradizione
  11. Casa Cassan
  12. Il collegio dei Gesuiti
  13. Il Museo etnografico
  14. La chiesa della Madonna di Campagna
  15. L’organo Bizarri del 1518
  16. Il santuario di San Luigi di Sazzo
  17. I Pezzotti di Arigna
  18. Il paese si anima di eventi
  19. Lo scenario dei meleti
  20. Ponte: una storia di vite e di vino
Un'attività realizzata con il contributo di Regione Lombardia. 
Scritto da Francesca Bormetti, con la collaborazione editoriale
di Cristiana Rumori e le immagini di  Claudio Franchetti.

1. Due sponde di verse, si diceva, in uno stesso paese.

Questo il primo argomento raccontato.

La sponda retica è esposta al sole da mattina a sera e oggi è caratterizzata da meleti, vigneti e boschi. In passato, i vigneti ricoprivano gran parte del territorio, ma oggi sono stati in gran parte sostituiti dai frutteti. I resti dei muretti a secco che furono costruiti nei secoli centrali del Medioevo per dissodare la terra sono ancora ben visibili.

La sponda orobica è più scoscesa e ombrosa ed è ricoperta da un fitto bosco e da castagneti. I castagneti hanno rappresentato per secoli una risorsa alimentare importante per la comunità locale. Le castagne venivano consumate fresche, ma potevano anche essere essiccate e conservate per l’inverno o per i momenti di carestia.

Ponte in Valtellina è un borgo ricco di storia e cultura.

Il centro storico è caratterizzato da case in pietra e da viuzze strette e tortuose. Tra i monumenti più importanti da visitare ci sono la chiesa parrocchiale di San Lorenzo, il santuario della Madonna della Neve e il ponte medievale sull’Adda.

Il borgo è anche un ottimo punto di partenza per escursioni e trekking. I sentieri che si snodano tra i boschi e le montagne offrono scorci panoramici mozzafiato sulle Alpi Retiche e Orobie.

Ponte in Valtellina è un borgo che sa offrire qualcosa a tutti, dai turisti alla ricerca di relax e tranquillità agli appassionati di natura e sport.

2. Il tracciato stradale medievale

Camminare per le vie di Ponte in Valtellina è un’esperienza unica.

Il tracciato stradale medievale si è conservato pressoché intatto, e i vicoli stretti e tortuosi si inerpicano tra le case, creando un’atmosfera suggestiva e un po’ misteriosa. Le case, costruite in pietra, sono spesso decorate con archi e loggiati. Il grigio è il colore predominante, ma basta osservare con attenzione per scoprire sfumature e dettagli che raccontano la storia del borgo.

Il centro storico di Ponte in Valtellina è un mosaico di stili diversi. Si possono ammirare loggiati rinascimentali, umili ballatoi, vecchie botteghe e vestigia di case fortificate. Non mancano stalle, fienili e palazzi con i loro giardini.

E suoni che emergono tra il silenzioso tempo nelle strade. Presente ed evidente  il suono delle campane delle numerose chiese del paese: da quelle piccole di contrada, alla periferica Madonna di Campagna; dal tempio dei Gesuiti al santuario di San Luigi di Sazzo sul versante opposto della valle.

3. Fontane e lavatoi

Uno degli aspetti che più colpisce i visitatori è la presenza di fontane e lavatoi, che testimoniano l’importanza dell’acqua per la vita del paese.

Le fontane di Ponte sono un vero e proprio patrimonio artistico e culturale. Si trovano in ogni contrada e in ogni piazza, e sono realizzate in una varietà di stili e materiali. Alcune sono costruite a ridosso della roccia o incassate nei muri; altre sono scavate in un unico blocco di pietra o composte da lastroni congiunti da piloncini.

Le fontane storiche fornivano acqua per gli usi domestici e di solito erano collegate all’abbeveratoio per dissetare il bestiame. Altre sono state aggiunte sul finire dell’Ottocento, quando è stato approntato l’acquedotto comunale. Qualcuna è stata rimossa, ma molte sono ancora oggi utilizzate dai cittadini e dai turisti.

La fontana più “istituzionale” è senz’altro quella ottagonale in piazza Luini datata 1822, perché si fregia dello stemma del Comune sul lato rivolto verso la chiesa.

I lavatoi pubblici erano un luogo importante per la vita delle donne del paese. Qui si riunivano per lavare i panni, chiacchierare e scambiarsi informazioni. I lavatoi erano coperti da tettoie per proteggersi dal sole e dalla pioggia.

Il più signorile lavatoio di Ponte è quello neoclassico, all’ombra della chiesa di San Maurizio. L’acqua fuoriesce da una protome leonina in bronzo; le sedute in pietra girano su tre lati, assicurando una magnifica vista sul salotto buono del paese.

L’acqua insomma è una risorsa preziosa per Ponte, ma può anche causare danni. Le strette vie del borgo ad ogni temporale si trasformavano in alveo, scaricando a valle la pioggia caduta sul paese e quella proveniente dalla montagna di San Bernardo.

Per evitare le inondazioni, i pontini hanno adottato una serie di accorgimenti, come rinforzare i muri più esposti con grosse lastre di pietra o predisporre agli usci paracarri scanalati per potervi inserire, alla bisogna, paratie in legno. Altro furbo stratagemma era rappresentato dalle “üs’cére”, robusti battenti in legno fissati a lato strada, pronti per essere movimentati e diventare chiuse atte a convogliare le acque verso Chiuro.

4. Piazza Bernardino Luini

È questo un luogo privilegiato per raccontare la media Valtellina dei borghi minori, perché qui il tempo, l’uomo e la natura hanno impastato ingredienti tipici in un amalgama perfetto. Alle spalle dell’asilo, le vigne disegnano il ripido versante. Nelle giornate terse, gettando lo sguardo oltre il bel lavatoio coperto, si ammira il profilo frastagliato delle Alpi Orobie, sopra una immensa distesa di boschi e di selve di castagni.

Piazza Bernardino Luini è una piazza incantevole circondata da edifici storici che le conferiscono un carattere unico.

Prende il nome da Bernardino Luini, l’artista che ha creato la magnifica lunetta della chiesa parrocchiale di San Maurizio, che può essere ammirata al centro della piazza.

A nord della piazza si trovano la casa parrocchiale e l’antica sede della Scuola Maggiore dei Laici, che ora ospita il Teatro Comunale intitolato all’astronomo Giuseppe Piazzi. Al centro della piazza, si trova un monumento a Piazzi. Dietro il complesso, i visitatori possono esplorare il Museo Parrocchiale, che presenta la “Sala delle Sibille”, una stanza adornata con affreschi di Fermo Stella degli anni ’20 del Cinquecento. A sud della piazza, il sagrato si allarga a formare una sorta di balcone, offrendo una vista pittoresca sulle case Guicciardi, l’antica Farmacia Garlaschelli e lo storico Ristorante Cerere, dove si dice sia stato inventato lo “sciàt”, un piatto tipico della cucina locale.

Piazza Bernardino Luini deve il suo fascino agli edifici storici che ne delimitano il perimetro; il nome, all’autore della magnifica lunetta della parrocchiale di San Maurizio che, nel mezzo, si concede allo sguardo.

È una piazza silenziosa; le botteghe e i bar stanno altrove. Qui parlano le pietre e gli intonaci. Eppure c’è vita in questa piazza, e i pontaschi ci passano in continuazione.

È questo un luogo privilegiato per raccontare la media Valtellina dei borghi minori, perché qui il tempo, l’uomo e la natura hanno impastato ingredienti tipici in un amalgama perfetto. Alle spalle dell’asilo, le vigne disegnano il ripido versante. Nelle giornate terse, gettando lo sguardo oltre il bel lavatoio coperto, si ammira il profilo frastagliato delle Alpi Orobie, sopra una immensa distesa di boschi e di selve di castagni.

5. Il monumento all’astronomo Giuseppe Piazzi

Dal 1871, in piazza Bernardino Luini, si erge il monumento all’astronomo Giuseppe Piazzi, religioso e uomo di scienza divenuto famosissimo in vita per aver compilato ben due cataloghi stellari e per aver scoperto l’asteroide Cerere.

Giuseppe nasce a Ponte nel 1746 da famiglia aristocratica. Penultimo di dieci fratelli, viene indirizzato all’ambiente ecclesiastico e undicenne lascia le montagne alla volta del seminario di Como e di Milano, dove frequenta la scuola dei Gesuiti di Brera. Non ancora diciannovenne, entra nell’ordine dei Teatini; qualche anno dopo viene ordinato sacerdote.Si dedica alle dottrine filosofiche, che allora comprendevano anche le scienze matematiche e naturali, e presto si appassiona all’astronomia.

Lo attende una carriera accademica che, passando per diverse città italiane e per Malta, lo condurrà a Palermo dove nel 1790 sarà nominato primo direttore dell’Osservatorio Astronomico fondato da Ferdinando di Borbone.

L’illuminato sovrano del Regno delle Due Sicilie si era convinto di poter dar vita a Palermo al punto di osservazione astronomica più a meridione d’Europa, e mette a disposizione una torre del Palazzo dei Normanni, ancora oggi sede dell’Osservatorio Astronomico di Palermo e del Museo della Specola.

Proprio da quella torre, la notte del 1° gennaio 1801 Piazzi avvista il nuovo corpo celeste, battezzato Cerere Ferdinandea in omaggio alla Sicilia e al sovrano che tanta fiducia gli aveva accordato, affidandogli nel 1817 anche la direzione dell’Osservatorio astronomico di Capodimonte, vicino a Napoli.

Il monumento a Giuseppe Piazzi è opera dello scultore lombardo Costantino Corti, una statua in marmo bianco di Carrara inaugurata nel 1871 che ritrae il personaggio a figura intera, con l’abito dei Teatini e il capo sollevato, a scrutare il firmamento. Il basamento in pietra di Viggiù raffigura gli strumenti del mestiere: il telescopio, il compasso, libri, carte astronomiche e la sfera armillare, tipico strumento didattico.

Oggi al Piazzi è intitolato l’Osservatorio astronomico sopra Ponte, in località San Bernardo, a 1200 metri di quota. Inaugurato nel 2009, è affidato all’Associazione Astrofili Valtellinesi che svolge attività scientifica e organizza momenti didattici e serate con osservazione della volta celeste.

6. La Chiesa di San Maurizio; 7. La Lunetta del Bernardino Luini; 8.  L’ancona lignea di Giacomo Del Maino

Dalla grigia distesa di tetti in pietra, si eleva il campanile romanico della chiesa di San Maurizio, edificata nel XIII secolo quando il borgo aveva già una sua fisionomia e aspirava a dar vita a una parrocchia autonoma.

L’attuale impianto a tre navate prende forma nel 1460. Dirige i lavori Jacopo Corti di Valsolda, capomastro, progettista e perfino scultore: è opera sua il maestoso portal maggiore, prototipo per altri realizzati in valle.

L’ancona in legno intagliata da Giacomo Del Maino si fa subito notare, ricca com’è di sculture e rilievi dorati. Alzando lo sguardo, dalla volta affrescata ammiccano seducenti Sibille vestite come dame di corte.

La Chiesa ospita anche i capolavori del pittore Bernardino Luini, definito il “Raffaello di Lombardia”.

L’affresco sta nella piazza a lui intitolata, ed è facile individuarlo perché si tratta della lunetta del portal maggiore della chiesa di San Maurizio. Nessun documento chiarisce per quale motivo l’artista si sia spinto fin quassù.

Tuttavia la lunetta gli è stata assegnata già a inizio Ottocento, perché il suo stile dolcemente accademico è qui molto ben riconoscibile, e l’attribuzione ha retto anche al vaglio di recenti e approfonditi studi.

9. Il quartiere Guicciardi

Nell’antica Ponte, le famiglie più illustri hanno finito per occupare interi quartieri. Fra Quattro e Cinquecento i Guicciardi scelgono l’area a valle della chiesa di San Maurizio, per costruire le proprie abitazioni. Alcune sorgono ex novo, altre inglobano strutture preesistenti.

Alla casa più antica si accede da un severo ingresso che introduce alla corte nobile.

Gli ambienti di pregio lasciano immaginare consuetudini di vita agiata. I ritratti degli antenati svelano i volti insieme allo stemma di famiglia scolpito sul camino. L’ambiente interamente foderato in legno, datato 1576, è una delle più belle stüe di Valtellina.

L’altra casa, edificata in un momento successivo, possiede un vasto giardino terrazzato; in fondo stava il brolo, con le piante da frutto. Un recupero rispettoso ha preservato il fascino dei vari ambienti: dallo scalone all’atrio d’ingresso, dall’ampia cucina alla neoclassica stüa con camino e specchiere, tinteggiata sui toni pastello come usava nell’Ottocento.

10. I piatti della tradizione

Ponte in Valtellina è mele e vino, cultura e territorio, e naturalmente buona cucina.

Si tratta di specialità locali ormai note, quali bresaola e salumi locali, “sciàt” e pizzoccheri e il vino rosso di Valtellina.

Il pizzocchero di Teglio viene portato avanti nella sua tradizione e storia e ricette dalla Accademia del Pizzocchero, appunto in Teglio. E’ il re della gastronomia valtellinese: in formto tagliatelle di pasta di grano saraceno lessate con tocchetti di patate e verze, insaporite da formaggio Casera e da una generosa sferzata di burro fuso color nocciola.

Gli “sciàt”, sempre tipici valtellinsi, si dice siano stati inventati a Ponte, nella cucina dello storico Ristorante Cerere.

Si tratta di cubetti di Casera tuffati in una pastella di grano saraceno e fritti in abbondante olio bollente, che ha sostituito lo strutto di un tempo.

In dialetto sciàt significa “rospo”. Il nome si deve alla forma rigonfia della croccante frittella e ai filamenti di pastella che, con la cottura, somigliano a piccole zampette. Una vera prelibatezza che va consumata calda, con contorno di insalatina tagliata fine fine.

In Val d’Arigna, sul versante orobico, il piatto tipico è la polenta “cropa”, variante della polenta “taragna” che prevede di versare nel paiolo la panna al posto dell’acqua e aggiungere patate schiacciate oltre ai soliti pezzetti di Casera.

Alla tradizione della media Valtellina appartiene il “taròz”, composto di patate e fagiolini cotti in acqua, poi grossolanamente sminuzzati con un cucchiaio di legno, incorporando burro e formaggio.

Solo a Ponte si gusta la “fügàscia”, una focaccia dolce prodotta con l’impasto del pan di segale che viene bucherellato con le dita, per introdurre una noce di burro in ciascun buco, e spolverato di zucchero sul finale.

Una delizia che più che nelle trattorie si trova nel vecchio forno a legna in contrada Bérola. E poi assolutamente protagonista dell’annuale appuntamento “Festa della fügàscia”, che i giovani della ProMuoviPonte organizzano ogni anno il primo sabato d’agosto.

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Tante altre tappe da scoprire, a Ponte in Valtellina.

L’ideale a questo punto è partire, mettersi in cammino e andare alla ricerca della storicità, del gusto, della bellezza di questa gemma valtellinese!

 

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