Alessandro Ravanà tra gli chef-pensatori di ‘Nnumari, l’evento di Pino Cuttaia. La razza è il suo pesce sostenibile che presenta alla ‘Nnumari dinner gala’. ‘Nnumari – termine siciliano che vuol dire “nel mare” – una due giorni di riflessione sulla sostenibilità della filiera nel Mediterraneo con l’obiettivo di costruire modelli di sviluppo sociali e ambientali replicabili e condivisi. Per la cena di gala di ieri, 4 ottobre, svoltasi all’interno di Villa Athena ad Agrigento, nel cuore della Valle dei Templi, è stato selezionato Alessandro Ravanà, patron del ristorante Il Salmoriglio di Porto Empedocle. Tema della serata è stata “Contaminazioni”: il cibo quale segno di accoglienza, attimo speciale in cui si mostrano, condividono e scoprono i gesti e gli ingredienti comuni, punto di incontro e confronto con l’altro. Lo chef Ravanà per l’occasione ha preparato il tacos con razza e spezie, pensato proprio per una cucina di contaminazioni:
un piatto latino americano abbinato a una scelta di spezie portate dagli Aragonesi quali paprika, semi di finocchietto, pomodoro secco e zafferano.
Il pesce scelto è la razza, che, pur non essendo una specie in via d’estinzione nel vero senso della parola, sta però scomparendo dai mercati del pesce. Il consumatore evita di acquistarla per un’oggettiva difficoltà nella pulizia e perché si tratta di un pescato poco usato.
“Rilanciare il consumo della razza è il mio contributo alla sostenibilità economica della filiera. Implementarne l’utilizzo consentirebbe ai pescatori di avere un reddito maggiore, mentre ora la razza viene rigettata nel mare. La diffusione della razza contribuirebbe anche a limitare l’uso dei pesci in via di estinzione come il tonno rosso e le altre 180 specie marine mediterranee (secondo il rapporto “Biodiversità a rischio 2018”)”
spiega in sintesi lo chef 2 stelle Michelin Pino Cuttaia,
“Durante il percorso della mia carriera ho capito come la Sicilia sia il frutto delle contaminazioni dei popoli che hanno vissuto in questa terra. L’arte culinaria del mio territorio non è altro che il frutto di queste diverse esperienze”.
Lo chef, Alessandro Ravanà, 37 anni, di Agrigento, è approdato in cucina una decina di anni fa, ma nel suo curriculum si sostanzia da subito l’impronta dell’imprenditore, oltre che del cuoco: 16 anni fa ha aperto un locale di pasticceria e gastronomia ad Agrigento. Tra le esperienze più formative di Ravanà c’è “Piazza Duomo” di Enrico Crippa, dove affina la sua passione per la cucina e le tecniche di cottura e trasformazione della materia prima. Nel 2007 forgia a Porto Empedocle il suo ristorante, dove può elaborare una cucina più ricercata e curata. Al primo posto il culto per la materia prima nel rispetto della biodiversità, a strettissimo contatto con i piccoli agricoltori locali e i pescatori, sempre in un’ottica di sostenibilità ambientale. Nella cucina de Il Salmoriglio si ritrova la terra con i suoi vegetali, il mare con la ricchezza dei suoi pesci e soprattutto le persone come il contadino o il pescatore con cui si instaura un rapporto di fiducia. Con loro c’è un contatto diretto, si entra in sintonia e da essi ci si lascia ispirare. Il vero lusso è rappresentato dall’artigianalità di ciò che propone in ogni portata. Ad aiutare Ravanà in cucina vi è una giovane brigata: cinque ragazzi, tutti di Agrigento. La sous chef Erica Cuffaro, 34 anni, ha lavorato a Spazio Niko Romito a Roma, poi al ristorante Capo Faro di Salina e al Signum da Martina Caruso, 1 stella Michelin. Due i menu degustazione:
- uno da quattro portate a €55 dal nome “Vigata”, a base di pesce in cui prevalgono i sapori del territorio – come nel piatto “Tortelli alla ghiotta” o nell’ “Omaggio allo sfincione”
- uno da sette portate a € 75 dal nome “Andata e ritorno”, sia di carne che pesce, che racconta le esperienze personali dello chef, la sua formazione autodidatta, lo studio e la ricerca personale. Ne è un esempio il piatto “Cipolla umami katsuobushi consommé” un piatto molto elaborato seppur basato su pochissimi ingredienti.
Una cucina in continua trasformazione dove i classici della tradizione sicula vengono reinterpretati e alleggeriti, usando sempre il pesce locale di quell’acqua chiara che lo chef chiama “orto a mare” per la diversità e la stagionalità del pescato.
Un esempio su tutti: le ali di razza fritte con panna acida di limone e cappero, una ricetta poco conosciuta ma tipica delle case dei pescatori di Porto Empedocle. Una grande passione anche per la lievitazione: lo chef Alessandro Ravanà panifica personalmente con lievito madre per 24-36 ore, a seconda delle condizioni atmosferiche, usando antichi grandi duri siciliani dal basso contenuto glutinico (come la maiorca, il grano russello e perciasacchi, così chiamato per il grano dalla forma appuntita che bucava il sacco dei contandini). Il risultato è un pane leggero e ricco di profumo. Al ristorante anche una vasta carta di oli regionali suddivisa in diversi cultivar. L’ ambiente è sobrio, moderno ed elegante, dove le teste di Moro alle due finestre laterali alla porta d’ingresso sembrano sbucare facendo capolino verso la sala. Sono 30 coperti in sala e 15 nel dehors. La cucina è a vista, valorizzata in sala da maioliche che richiamano l’artigianalità e la Sicilia. La mise en place è molto ricercata con la scelta di piatti frutto del sapiente lavoro artigianale del modicano Alessandro Di Rosa di Thalass con cui spesso lo chef si interfaccia nella creazione di un piatto. Ad occuparsi degli ospiti sono il maitre Alfonso Epiro, con una grande esperienza nel settore dell’accoglienza maturata in diversi hotel di lusso, e la moglie dello chef, Alessandra Zambuto.
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