Corso cucina carcere Parma

Storie di cibo dietro le sbarre: cucina vegana a Parma

 Storie di cibo dietro le sbarre: cucina vegana a Parma

Per il progetto “Storie di cibo dietro le sbarre” oggi parliamo di Parma, e del suo carcere di massima sicurezza dove dopo molti mesi di trattative, l’associazione Parma Etica è riuscita ad organizzare un laboratorio di cucina vegana rivolto ai detenuti.

L’iniziativa si pone all’interno dell’intenso quadro di attività legate al cibo negli istituti di pena, che con il progetto “Storie di cibo dietro le sbarre” avremo modo di  raccontare nel dettaglio.

La proposta del laboratorio di cucina Cruelty Free è stata accolta con grande entusiasmo dai detenuti e ha preso il via dal novembre scorso (2016) con una serie di incontri e lezioni di cucina e di cultura vegana per fornire ai detenuti una cultura alternativa all’alimentazione “tradizionale” e a volte inconsapevole.

E’ interessante notare come l’avvicinamento ad una nuova consapevolezza di stile di vita “senza crudeltà, come viene definito dai vegani puri, sia più frequentemente percepita ed accolta come un’opportunità proprio da molte di quelle persone che stanno soffrendo, vivendo l’esperienza dolorosa della reclusione.

Partendo da questa premessa, l’associazione Parma Etica ha voluto proporre al carcere di Parma questo corso con queste considerazioni e riflessioni:

“Risulta logico immaginare che il carcere possa e debba essere sempre più un luogo di Cura e Rieducazione all’Empatia invece che un’esperienza punitiva sterile, e per poterlo fare occorrono progetti che abbiano requisiti di elevata Congruenza e Coerenza comunicativa e relazionale e non cadano in palesi contraddizioni interne. Così da poter scongiurare il rischio di esporre i detenuti al pericolo di quel doppio vincolo, doppio messaggio contraddittorio, che tanto spesso tutti incontriamo nella quotidianità relazionale della cosiddetta vita civile….”.

Al di là delle specifiche motivazioni etiche e filosofiche, più o meno condivisibili da tutti, sono convinta che tutta la cultura sul cibo sia di utilità estrema per rieducare e fornire un’alternativa di tempo, di stile di vita e perchè no, di futura attività lavorativa, ai detenuti, e proprio per questo da tempo mi sto occupando di mappare queste realtà in tutta Italia.

Il corso è tenuto dall’esperta di cucina vegana Romana Gardani, dell’Associazione ParmaEtica, che da diversi anni tiene corsi di cucina vegan, showcooking e partecipa a trasmissioni televisive, ed è l’autrice del libro “I vegani non mangiano solo erba“.

L’esperienza con i detenuti l’ha arricchita e ha subito eliminato quel senso di pregiudizio e timore che aveva prima di iniziare, quando il timoroso pensiero era:

“Solo io con 15 uomini detenuti, una sola guardia , e tutti quei coltelli”

Lei stessa, alla fine dell’esperienza dichiara:

“All’inizio eravamo tutti un po’ intimiditi. Io ho esordito spiegando un po’ la filosofia vegana,  l’impatto degli allevamenti intensivi sul pianeta, ho illustrato lo scopo del corso, ho risposto alle domande. Un detenuto, un po’ preoccupato, mi ha chiesto ‘Ma dopo  dobbiamo sempre mangiare così?‘. L’ho tranquillizzato sul fatto che avrebbe sempre  potuto mangiare quello che voleva.

Abbiamo cucinato insieme, la tensione si è stemperata rapidamente,  abbiamo mangiato quello che avevamo preparato, con diversi ospiti curiosi che si sono aggregati alla squadra per assaggiare (guardie, educatrici,…).

Così le lezioni si sono srotolate con i miei allievi sempre più convinti di quello che mangiavano (“non ho mai mangiato così bene”, “sai che questa cucina mi sta prendendo molto?” ).

E ripartendo dai miei timori e pregiudizi iniziali, e rivivendo i bei momenti di lezione con la loro energia e la loro premura, la loro dolcezza mista a ruvidezza piena, sempre pronti a darmi una mano, ho riflettuto sulla loro condizione e sulla loro fragilità, sul fatto che spesso la vita, la famiglia, l’ambiente in cui si cresce,  ad alcuni fa intraprendere una strada che li porta “dentro” mentre con la loro umanità e  intelligenza, avrebbero potuto intraprendere chissà quali  altre strade”.

E ancora una volta arrivo a rendermi conto come il cibo sia sempre un collante di anime, non solo di palati.

E come anche dall’esperienza di cucina dei detenuti ci sia qualcosa da imparare, soprattutto in relazione all’arte dell’arrangiarsi!  Persone che ti svelano “segreti” e trucchi della cucina in situazioni “estreme”, di come si fa un forno in cella (fornellino a gas+sgabello+ coperta), di come si preparano  i dolci senza bilancia… e tanti altri segreti  che magari rientreranno in un Ricettario Off Limits, perchè no!

Le Storie di Cibo dietro le Sbarre continuano, le esperienze che sto vivendo con i detenuti e con le loro realtà “culinarie”, produttive, golosamente rieducative e in certi casi anche curiose, mi sta arricchendo molto, mi sta regalando storie, dettagli, colori e gusti che mai avrei pensato di trovare nel “cibo dietro le sbarre”.

E così le Storie di Cibo in fondo non sono solo storie di cibo, ma storie di persone, di esperienze e di anime.