Pizza italiana, spirito filippino.
Da Sansepolcro a Manila, il viaggio del pizzaiolo toscano Stefano Canosci.
C’era una volta un pizzaiolo toscano che amava la lievitazione lenta, i prodotti buoni e i sogni grandi. Oggi quel pizzaiolo è diventato l’anima di una rivoluzione gastronomica nel cuore delle Filippine. La sua storia profuma di forno a legna, di farina viva e di incontri che cambiano il destino. Il suo nome è Stefano Canosci. E la sua pizza, ora, è diventata patrimonio anche di Manila.
Quando nel 2024 Stefano Canosci ha messo piede a Manila per una consulenza temporanea, non immaginava che avrebbe trovato una seconda casa. Il progetto era chiaro: portare la pizza artigianale italiana nella capitale delle Filippine. Ma quella che doveva essere una collaborazione breve si è trasformata in un’alleanza profonda, grazie all’incontro con la famiglia Forés e con la realtà gastronomica di CIBO, una delle più influenti catene di ristorazione del sud-est asiatico.
Un anno dopo, Stefano Canosci è ancora lì. Non come consulente, ma come cuore operativo e creativo del progetto pizza all’interno di CIBO. Una sfida raccolta con passione, tecnica e uno sguardo sempre rivolto alla qualità.
Per capire la portata di questa storia, bisogna conoscere Margarita Forés, fondatrice di CIBO. Nata a Manila ma profondamente legata alla cultura italiana, Forés ha studiato cucina in Italia e ha trasformato quell’esperienza in un ponte gastronomico tra due mondi. Nel 1997 fonda CIBO, ispirata dai café italiani contemporanei, puntando su autenticità, semplicità e qualità assoluta. La sua cucina raccontava l’Italia delle nonne, della pasta fatta a mano, dei sughi lenti e dei prodotti freschi.
La sua influenza cresce rapidamente: nel 2016 è nominata Asia’s Best Female Chef da Asia’s 50 Best Restaurants, e stringe una storica collaborazione con Casa Artusi, portando corsi e cultura italiana nelle Filippine. Fino all’ultimo ha creduto nella buona cucina come strumento di dialogo e inclusione. Il progetto con Stefano Canosci è stato uno dei suoi ultimi sogni realizzati.
È scomparsa nel febbraio 2025, lasciando un vuoto enorme e una visione viva, oggi portata avanti dal figlio Amado Forés e dal COO Edgar Allan Caper, insieme a Stefano.
La pizza secondo Canosci: identità italiana, spirito filippino
Classe 1985, toscano di Sansepolcro, Stefano Canosci ha imparato la disciplina sotto l’ala dello chef stellato Antonello Colonna, per poi lanciarsi nel suo progetto personale: Pizzeria Chicco, aperta nel 2011. Un luogo che è diventato laboratorio e bandiera della pizza di qualità, grazie a impasti leggeri, ingredienti selezionati e ricette pensate con il cuore.
Con il tempo, Canosci ha firmato creazioni iconiche come “Pizza & Scarpette” o la Pala Canosci, diventando punto di riferimento per l’evoluzione della pizza artigianale. Nel 2024 il suo viaggio lo porta nelle Filippine, dove accetta la sfida di introdurre una pizza ovale, condivisibile, simile alla napoletana, servita su tagliere e declinata in una quindicina di versioni. Gli ingredienti? Solo eccellenze italiane unite a verdure di piccoli contadini locali.
La risposta del pubblico è entusiasta. La critica lo conferma: CIBO entra al 44° posto nella classifica 50 Top World Artisan Pizza Chains, segnando un traguardo storico per l’intera ristorazione asiatica.
Un laboratorio per ogni ristorante, una task force per ogni pizza
La vera forza del progetto? L’organizzazione.
Canosci ha messo a punto un sistema che evita compromessi sulla qualità: ogni punto vendita CIBO – oggi 32, ma in crescita – ha il proprio laboratorio interno. Gli impasti, le preparazioni, la cottura: tutto viene eseguito sul posto, da squadre formate direttamente dal pizzaiolo toscano.
A coordinare questa rivoluzione, una squadra composta dallo chef Jorge Mendez, fedelissimo di Margarita, e da cinque responsabili qualità: Romel D. Bautista, Marion Philippe, A. Dumayag, Samuel Antony D. Lagarta e Wilmark D. Manabat. Un sistema capillare, pensato per garantire un altissimo livello in ogni sede, da Quezon City a Makati, passando per i nuovi store che apriranno entro il 2025.
“Dopo la scomparsa di Margarita ho sentito il dovere di restare”, racconta Canosci. “Per rispetto del nostro sogno comune, ma anche per l’amicizia che ci legava. Lei credeva profondamente in questo progetto. Continuare è il mio modo di onorarla, ogni giorno.”
Un legame che va oltre la cucina, che si traduce in un progetto umano e gastronomico che unisce l’Italia alle Filippine nel segno della qualità, della condivisione e della cultura.
La tipologia di pizza che hanno scelto di proporre al pubblico è una simil-napoletana ovale, servita su un tagliere di legno, con l’obiettivo della condivisione.
Come spiega nel dettaglio il pizzaiolo aretino:
“La presentiamo in una quindicina di versioni differenti: le ricette sono quelle della tradizione italiana, realizzate con ingredienti di massima eccellenza di provenienza italiana da un lato e una selezione dei vegetali coltivati da piccoli contadini locali; il tutto trattato con cura e aggiunto ai condimenti, in molti casi allo sforno».
CIBO: 37 ristoranti e una visione internazionale
Il futuro? Profuma di espansione. CIBO punta a 37 locali entro fine 2025, ma l’obiettivo va ben oltre la semplice crescita numerica.
Si tratta di consolidare un modello vincente che unisce eccellenza italiana e sensibilità locale, e di renderlo replicabile in altri contesti del sud-est asiatico e, perché no, anche in Europa o negli Stati Uniti, dove la curiosità per la pizza autentica non conosce confini.
L’idea è quella di costruire una rete sempre più solida e capillare di store, ma anche di potenziare la formazione interna, creare un’accademia CIBO per pizzaioli e chef e avviare collaborazioni con scuole culinarie locali. L’espansione sarà accompagnata da un piano di comunicazione che valorizzerà la cultura del “fatto bene”, raccontando non solo i prodotti ma anche le storie, i volti, i valori.
La pizza di Canosci è pronta per nuovi mercati, ma tutto parte da qui, da Manila, da una promessa fatta a Margarita. Un progetto che non vuole semplicemente vendere pizze, ma diffondere una filosofia gastronomica che parla italiano con accento tropicale e che guarda con entusiasmo a un domani fatto di qualità, rispetto e contaminazione positiva.
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