Enrico Crippa, nativo della provincia di Milano, per tempo è stato cittadino del mondo.
Ora l’indirizzo, e anche l’accento, sono quelli delle colline piemontesi! E forse piemontese lui si sente davvero! O meglio delle Langhe, di Alba, di questa città che lo ha “adottato” più di 10 anni fa e non lo ha più lasciato andare.
Lui sta bene nel suo ristorante, e non si fa vedere spesso fuori dal Piazza Duomo. Il tempo dei viaggi è passato, le sue esperienze internazionali ora prendono forma nei suoi piatti.
Ha iniziato nelle cucine di Gualtiero Marchesi (ma quanti sono questi Marchesi boys?!), poi è passato per quelle di Michel Bras e Ferran Adrià, spaziando dalla Francia al Giappone, e proprio quest’ultimo paese ha lasciato un segno nella sua cucina, nella sua “organizzazione” dei piatti, nel modo grafico di costruirli e di concepirli gustativamente.
Stima i suoi colleghi che hanno ristoranti in giro per il mondo, ma la cosa non fa per lui; sostiene di aver dato un taglio alla sua vita nelle città, le ha vissute tanto e per tanto tempo, ora non rientrano più nella sua concezione di vita, e simpaticamente dichiara:
“….e poi come ci insegna la favola, il topolino di campagna è sempre più simpatico di quello di città!”
Ora la sua vita è lì, in quel ristorante che la famiglia Ceretto gli ha affidato, con un compito ben preciso dettato da Bruno Ceretto: “Farne un ristorante con tre stelle Michelin” (….Quando si parla di avere degli obiettivi chiari e determinati!)
E a proposito di orti, lo chef ne parla in modo quasi affettuoso:
“Ne abbiamo uno sotto la tenuta Ceretto, in località San Cassiano, e poi uno a Barolo.
Tra erbe, insalate e fiori siamo a quasi 150, oltre ad una cinquantina di varietà tra frutta e ortaggi. Per questo la maggior parte dei nostri piatti è legata alla natura, tenendo una parte di filosofia territoriale, anche perché è più facile essere creativi con la verdura!”
Quando si parla di quanto le tre stelle lo abbiano cambiato, risponde sereno:
“Io le tre stelle le ho solo sulla carta, ma non nella mia testa.
Arrivati ad un certo punto si rischia di sedersi, perdere energia. Io non voglio che questo accada, non voglio che si pensi che il Piazza Duomo si sia “seduto” dopo questi riconoscimenti, e così mi fa più comodo pensare di non averle ancora prese, o comunque di ambire ad una ipotetica quarta stella!”
Nel rapporto con i suoi ragazzi, con la sua brigata, è determinato e deciso. Esige tanto da tutti, difficilmente sgrida urlando. I suoi ragazzi hanno il “marchio Crippa”, li si riconosce. Con loro un rapporto di piena stima lavorativa.
“La curiosità è tutto, ma quando trovi la tua personalità, non devi mai abbandonarla».
E lui la sua personalità l’ha trovata, e la esprime benissimo nei piatti del Piazza Duomo, e alla domanda se gli piacerebbe avere un ristorante tutto suo, risponde con quello che ha tutte le caratteristiche per essere un sogno nel cassetto:
“Mi piacerebbe avere un ristorante in collina, con una vista splendida sulle Langhe, aperto solo a pranzo, perché a pranzo la percezione del cibo è migliore.
E’ una questione di luce, di tempo a disposizione, di predisposizione d’animo.
Si arriva con calma, si è più rilassati e magari a fine pasto ci si regala anche una passeggiata!”.
In attesa di andarlo a trovare nuovamente ad un pranzo nel suo ideale futuro ristorante, ci concediamo la delizia di una 21..31…41…51 la sua famosa insalata che racchiude tutto il suo amore per l’orto, e la sua passione per la creatività.
Qui un estratto video dell’intervista con lo chef… ci siamo permessi di legare un sottofondo musicale tipico delle Langhe!
Qui di seguito la biografia dello chef, così come raccontata nel suo ristorante:
Foto by N.T e sito web Piazza Duomo